venerdì 21 novembre 2014

Leto-man!


Catania è una città proprio strana! Pensate: gli argomenti su cui scrivere non mancano mai (motivo per cui, in questa realtà, nascono più testate giornalistiche che fiori). Potrei, infatti, esporvi le mie riflessioni sul pugno in faccia subito dal Sindaco Bianco, parlare della “simpatica trovata” della riduzione degli appelli annuali all’Università di Catania, ma mi accingo a discutere su quello che è stato l’argomento “per eccellenza” nel corso di questa lunga settimana: Leto-Man.

A scanso di equivoci vari, giudizi emessi da animatori che si credono giornalisti o giornalisti che si credono animatori, pronti a puntare il dito contro il prossimo, PREMETTO CHE il sottoscritto (che non è ancora un giornalista, come qualcuno ha avuto modo di sottolineare) non ha mai provato stima nei confronti del giocatore argentino, conoscendo la carriera calcistica di questo e non ritenendolo all’altezza, né nei due giorni di vacanza a Liverpool, né nelle partitelle in Grecia.

Veniamo al dunque: in venti minuti, l’uomo goffo col codino e i baffi è diventato un vero e proprio idolo per la tifoseria rossazzurra, tanto da essere accostato a “Cristiano Ronaldo” per le doti tecniche e atletiche. Doti, fino a quei due gol, sconosciute ai più. Anche a me, lo ammetto. Eccezion fatta per la prima rete, un tiro al volo di sinistro, la seconda rete è stata un capolavoro del “paraculismo”: non potendo imitare Eto’o o Robinho, Leto è riuscito a segnare a porta vuota. VUOTA. E credetemi: è difficile!

Ma il bello doveva ancora venire: Leto è passato, quindi, da “bidone” a “fenomeno”, già dalla sera di Domenica. Un noto giornalista, infatti, non contento di aver “umiliato” pubblicamente l’argentino negli “episodi precedenti”, si è dilettato in una giravolta degna del primo “Onorevole” di turno, puntando il dito contro “gli allenatori della domenica”, coloro che, ovvero, continuavano a criticare Leto.

A Catania, credetemi, Leto è diventato Obama. Il pugno in faccia a Bianco lo ha dato lui, ed è stato graziato dalla Regina in persona! Per una settimana, Cosentino ha preso le sembianze di Lo Monaco, tanto che nessuno ha osato lamentarsi dello scarso operato del dirigente argentino! Anzi! “Bravo Cosentino! Finalmente gli acquisti di Cosentino stanno venendo fuori! Che gran giocatore Leto! Ha bisogno di fiducia! La pasta al sugo ha bisogno del parmigiano! Non ne voglio cipolle nell’insalata! Il cielo è azzurro sopra Berlino!”.

Ma…davvero i problemi del Catania sono stati “magicamente” risolti da un pareggio “rocambolesco” contro il Trapani? Davvero Leto, in calzamaglia e mantello, ha cambiato “da così a così” le sorti di una squadra, il Catania, che gioca “a fortuna”? No, assolutamente! Il Catania “scarso è e scarso rimane”, ahinoi! E, anzi, dobbiamo ancora soffrire: siamo in estrema difficoltà…e non abbiamo affrontato Carpi, Bologna, Livorno e le altre! Insomma, questo grande clamore causato da “Leto” sembra somigliare sempre più a un’assonanza che fa rumore e puzza, ma poi scompare.


mercoledì 5 novembre 2014

Apoca-tania e l'orchestra di trombe...d'aria



Non sarà la fine del mondo...ma poco ci manca. O, almeno, questa grigia giornata autunnale catanese somiglia sempre più ad una scena di "The Day After Tomorrow", che ad una normale mattina di pioggia torrenziale. Suggestione...o cosa?

"Cosa", credo. O "Casa": quelle quattro mura che tutti, incoscienti del pericolo di questa "catastrofe" che si è abbattuta su Catania, abbiamo abbandonato stamattina per recarci chi al lavoro, chi a scuola. "Scuola", aperta, nonostante il maltempo, nonostante l'appello della Protezione Civile a "ridurre al minimo gli spostamenti" a causa dei frequenti fenomeni temporaleschi. Le scuole, gli uffici, Catania in toto non si è fermata.

Giusto così! Il lavoro deve andare avanti, "The show must go on!", no? La conferma, o smentita fate voi, è arrivata dallo stesso Comune di Catania nella serata di ieri:

“NOTA PER LA STAMPA – SMENTITE VOCI PERICOLO METEO A CATANIA
L’Ufficio di Gabinetto del Comune di Catania, alla luce dei bollettini emessi e con il conforto degli esperti della Protezione civile, ha smentito le voci diffusesi in città a proposito di un pericolo meteo nella giornata di domani nel territorio catanese.”

E menomale! E se fosse stata diramata l'allerta meteo, cosa sarebbe successo? Mucche volanti e case sottosopra, in pieno stile "Mago di Oz"? Sono sicuro che la povera Dorothy, alla ricerca del mago e delle proprie scarpette rosse, nonostante abbia attraversato numerose difficoltà in compagnia dei propri amici, non sopravvivrebbe un giorno a Catania, tra auto e motorini in quarta fila e allerta meteo revocate!

"Che squillino le trombe!", allora...e non le trombe d'aria, magari! Lo stesso Sindaco, Enzo Bianco, ha dichiarato che "la Protezione Civile aveva assicurato per Catania l'assenza di rischi". Alla faccia dell'assicurazione! Quella della macchina parcheggiata alla Virgin e distrutta da un condizionatore crollato dal tetto. O, forse, che l'auto fosse sprovvista di impianto di climatizzazione, tanto da dover ricorrere ad un'installazione...straordinaria?

Ma la cosa ancor più preoccupante è che, in giornata, è arrivata la comunicazione di chiusura di scuole e uffici per la giornata di domani, in previsione di un'ulteriore allerta meteo. Che stia arrivando una perturbazione apocalittica, allora? Io, per sicurezza, preparo il gommone. Capitan Schet...ehm, Bianco, vuole..."salire a bordo"? Figuriamoci: nella città in cui una palma cade durante una giornata soleggiata, domani, dovesse piovigginare, io sto a casa!


venerdì 31 ottobre 2014

Catania e la "psicosi del centro"



Cerchiamo di stare calmi, vi prego. Negli ultimi giorni le ho sentite proprio tutte: dal "centro-storico killer" al "saloon da far west". E menomale che non avete citato la mafia! Avete anche chiamato in causa "Arancia Meccanica" di Kubrick..."a che pro"? 

Il vantaggio sta nelle visualizzazioni, lo so già. E sono d'accordo con voi! Ma a che serve "montare un caso" anche dove un caso non esiste? Gli episodi degli ultimi giorni, dalla ragazza uccisa agli accoltellamenti tra extracomunitari, sono eventi di quotidiana frequenza qui a Catania! Perché, allora, creare una "psicosi" e diffonderla a macchia d'olio tra la gente? Manteniamo la calma, piuttosto! Se non sono stato chiaro, vi racconterò la mia esperienza, avvenuta all'età di 16 anni, ben quattro anni fa.

Durante un sabato sera nel centro di Catania, precisamente in zona Piazza Teatro Massimo, fui provocato da un bambino al fine di una reazione tale da scaturire una lite con i suoi "protettori" più grandi. Episodi di questo genere, quattro anni fa, accadevano ogni Sabato. E come nel 2010, anche nel 2009, e chissà quanto tempo prima! Perché, allora, solo adesso viene tramandata "la storiella" della "Catania violenta"? Catania non è violenta: Catania è una città. In una città esistono numerosissime differenze, culturali e non, che portano quotidianamente i cittadini a scontrarsi. Chi per il posto auto "rubato", chi per uno sguardo di troppo alla propria morosa: questi eventi ci sono sempre stati. 

Adesso, nell'Ottobre del 2014, il centro storico di Catania è "magicamente" diventato luogo di violenze inaudite verso ragazzi indifesi: nessuno, però, cura il dato che da sempre porta il centro ad essere luogo di "bravate" da briganti. Le risse in "Piazza Teatro" ci sono sempre state, così come le liti tra extracomunitari: basterebbe fare un giro per le vie meno conosciute di Catania per incontrare due o più albanesi darsele di santa ragione! E invece no, uno scontro tra due "marocchini" in Via Landolina e le notti catanesi diventano pericolose! A parer mio, qui stiamo esagerando.

Per spiegare meglio il mio pensiero, prenderò in esame un esempio parecchio stupido e infantile: il virus ebola. Per decenni abbiamo lasciato morire QUOTIDIANAMENTE migliaia di uomini in Africa a causa di questo terrificante virus. Per anni, infatti, abbiamo vissuto le nostre giornate come nulla fosse. Adesso, però, il virus è diventato "letale" e una minaccia verso tutti, nonostante, poi, il tasso di mortalità nei Paesi sviluppati sia nettamente inferiore. Ed ecco la "psicosi": l'ebola c'è sempre stata, e il rischio di diffusione è stato ugualmente elevato  negli scorsi decenni.

Il reale problema non riguarda le violenze nel centro di Catania o la pericolsità del virus ebola: il vero problema siamo noi. Siamo noi il pericolo: noi, creatori e diffusori di queste scarse e infondate convinzioni che ci portano a dire "ho paura ad andare in centro!". Paura? Di che? Fino allo scorso Sabato eri in Piazza Teatro a bere il tuo shortino, incurante del pericolo. E adesso? Adesso sei vittima della "Catania violenta" che porterà chiunque a guardare male l'altro, a cercare un pretesto per una rissa. Che porterà me a passeggiare comunque tranquillamente tra le viuzze del centro: perché Catania è una città e non un saloon. Ricordiamolo.




lunedì 27 ottobre 2014

Vergogna-day


Guardatelo: ha i capelli fuori posto, la barba incolta, urla al microfono e viene applaudito. E' un pagliaccio, non ci sono dubbi! Il peggiore dei clown: quasi quasi...somiglia un po' a Joker. E la nostra Gotham City è in gravissimo pericolo.

Ora, al di là delle ideologie politiche partirò dalla cosa che mi colpisce di più: gli applausi. E la convinzione che qualcosa grazie a quest'uomo possa cambiare. E penso: siamo stupidi, ma fino a questo punto? Qui rasentiamo il ridicolo! Stiamo parlando di un folle che, ieri sera, cari "grillini" della mia terra (Sicilia), ha dichiarato che "la mafia aveva una morale". Signori: "una morale"...e a questa frase, cosa ancor più sconcertante, sono seguiti applausi scroscianti. Io, dal canto mio, ho sentito un gran freddo, e non per l'ondata di gelo che ha colpito le nostre città. Io, da siciliano, mi sono sentito profondamente offeso.

E voi, cari grillini? Voi, che cercate in qualsiasi modo un pretesto per attaccare gli altri partiti "politici". Voi, fieri di essere "grillini" in Sicilia. Che effetto fanno, vi chiedo, le parole del signor Beppe Grillo sulla mafia? Che effetto fa pensare che nella nostra terra troppe persone sono morte pur di combattere questo male? Che effetto fa? Nessun effetto, credo. Come a Forza Nuova non faccia alcun effetto ricordare "il duce". Ma, d'altronde, se la zucca è vuota, viene difficile...no? 

Perché ritengo inconcepibile che un siciliano, figlio della Sicilia, applauda a queste parole. Neanche costretto. , Al contrario, dovrebbe scendere un brivido lungo la schiena di ognuno di noi..un brivido gelido, che fa male: dovrebbe far riflettere che le lotte di Fava, Borsellino e Falcone non sono servite a nulla..dovrebbe far pensare che questo pagliaccio è venuto qui ad offendere tutti noi, dichiarando pubblicamente la nostra "imbecillità" a non reagire! Io sono un siciliano, non sono un mafioso, caro Grillo. Io sono un siciliano e lotto contro la mafia, odio la mafia e sono contento che questa, come spiega lei, "sia emigrata"! Sono fiero di chi mi ha preceduto e ha combattuto questo male! Sono fiero!

E a voi, grillini, non dico nulla. La Sicilia non cambierà mai, mi arrendo. Rimarremo sempre indietro rispetto a tutti, e voi ne siete la prova: finchè ci sarà qualcuno che applaudirà a tizi del genere, noi perderemo sempre terreno. Ma, per favore, smettete di lamentarvi: accontentatevi di questa terra "arretrata" (come dicono molti di voi che conosco), accontentatevi della politica regionale "che non funziona". Voi, che applaudite, voi, che accettate la mafia con un applauso. 



venerdì 24 ottobre 2014

Le cronache di Catania: U ciuraru, la palma e il lungomare liberato


"Vedi...Catania e poi muori", verrebbe da dire. 

Ciò che è successo ieri ha dell'incredibile. Ma, mi chiedo, cos'è davvero "incredibile" in una città come Catania? A poche settimane dal ciclista picchiato dai "paninari" (con annesse scuse: va citato), infatti, la donna schiacciata dalla palma non è che la "ciliegina sulla torta" di una città che riesce a rendere gli eventi "incredibili" mere rappresentazioni di una quotidianità "normale". E non ci si sorprende neanche più! Tanto che, a parer mio, uscire da casa è paragonabile ad un'edizione degli Hunger Games, con tanto di spari alla "caduta" dei partecipanti, e imprevisti dietro l'angolo della strada.

Perché dai, ammettiamolo: sole, mare, Etna...e un par de "quelle". Noi non abbiamo più nulla! Pensate, mesi fa scrivevo della mia città come "La Milano del Sud", ma della metropoli "grigia e cupa" ci è rimasta solo la freddezza. Non riusciamo più a sdrammatizzare, non riusciamo più a fare una cosa giusta senza incappare nell'errore! Altro che "Paese delle meraviglie"...qui siamo nel "Paese dei disastri"! E il povero "ciuraru", al secolo Enzo Bianco, somiglia sempre più alla personificazione di un personaggio delle canzoni di Brigantony (celebre e colorito cantante folk catanese che consiglio vivamente di ascoltare). Caro sindaco, ma una giusta? Settimane fa, in occasione del nubifragio che ha colpito la città, ha dichiarato che "Catania ha retto bene"..."ha retto", e fin qui ci siamo. Quale, però, non si sa! 

E poi, il lungomare liberato...sembra il titolo di un film! Immagino già Garibaldi con i mille verso la "liberazione" del lungomare dai terribili paninari! Pensate: a breve Catania diventerà "città metropolitana", inglobando alcuni paesi circostanti...e non siamo neanche capaci di potare una palma senza fare i conti con una tragedia! Una palma! Gli interventi di potatura in Piazza Cutelli sono stati effettuati appena venti giorni fa...venti giorni fa! Si tratta, infatti, di interventi di "manutenzione": nulla di che. E c'è scappato il morto!

Che poi non si dica che non siamo avanti eh...! Noi catanesi amiamo la "teatralità"! Perché fermare il signor La Fata mentre "si dava fuoco" in segno di protesta? Ma no, lasciamolo fare! "Sarà mica Houdini?!", avrà detto qualcuno! E poi il colmo: l'assessore all'ecosistema urbano, Rosario D'Agata, non si dimetterà. Insomma, signori: siamo o non siamo parte di un paese "favoloso" come quello di Narnia?

Le caratteristiche del genere fantasy ci sono tutte: "Le cronache di Catania: U ciuraru, la palma e il lungomare liberato". E un arancino al ragù, magari, per godere meglio delle "incredibili" storie di questa città "nana"...come una palma. Alla ricerca, tra gli alberi, della porta di quel famoso armadio del racconto che ci faccia uscire da questo mondo, poco reale e sempre più "fantasy".



mercoledì 15 ottobre 2014

Anatomia del disastro: il post-conferenza di Pulvirenti


NOTA BENE: Quanto scritto in questo pezzo su un comunissimo "blog" (anche Beppe Grillo ne ha uno, lo sapete) non è da considerare come "pensiero assoluto" in quanto il mio "essere giornalista" è strettamente legato, secondo alcuni, all'essere "in malafede", ridicolo e offensivo. Io non sono un Presidente, e di conseguenza sono nel torto: se scrivo di ciambelle o se scrivo male di Leto. 

Bene, "salve a tutti". Ho lasciato che il mio pranzo, "inspiegabilmente" andato di traverso alle 15 di lunedì pomeriggio, finisse il suo corso...con calma, poi, ho guardato un estratto della conferenza del Presidente del Catania, Nino Pulvirenti, e dovete credermi...è andata di traverso anche la cena! Poi, però, devo ammettere di aver dormito tranquillamente.

Sostanzialmente: perché?

In questa "guida alla conferenza di Pulvirenti", il mio proposito sarà quello di analizzare i passaggi clou e di confrontarli, poi, con la realtà dei fatti. Partiamo dall'inizio: il Presidente non lascia il Catania.

E fin qui, devo ammetterlo, c'ero arrivato anche io, "giornalista in malafede". Non ho ben capito, allora, perché il Presidente di una società di calcio, reduce da una retrocessione, penultimo in Serie B con 6 punti in 8 partite, debba parlare pochi giorni dopo la conferenza dell'AD della stessa squadra, Pablo Cosentino. Ma lui, chiaramente, non si era presentato per dimettersi, e ci siamo.

Passiamo al secondo punto: Pablo Cosentino. "Chi è?", ah no, scusate l'abitudine. "E' un dirigente valido, valuterò il suo operato a fine stagione". Mi viene il dubbio che per "stagione" Pulvirenti intendesse quella che va dal 2013 al 2015: una stagione di due anni, insomma. Dovrebbe, poi, spiegare il termine "valido": per cosa? Avrà un documento di validità e non di in...AH nono Antonio, non ci siamo! Calma, dai, contieniti.

A dire la verità, caro Presidente, a fare l'AD come lo fa Cosentino ci riesco anch'io: a FIFA, infatti, ho vinto tutti i campionati comprando Cristiano Ronaldo e Messi...gratis! E poi, mi scusi, ma quante opportunità bisogna dargli? Il discorso, lo sa, è noioso...Gasparin, Lo Monaco...ma questo, Cosentino, non ne combina una giusta! "Glielo dico da amico...", avrebbe detto Razzi...

Terzo e ultimo punto: i giornalisti. Ammesso che i giornalisti siano diventati "giornalisti di Serie A" grazie a lei, lei è diventato "Presidente di Serie A" grazie ai giornalisti. E se lei, ieri, era ancora seduto di fronte a tanti giornalisti, lo deve a questi ultimi che lo hanno difeso "anche troppo". Mi dica, la prego, perchè dovremmo continuare ad attribuire le responsabilità di questo disastro all'AD Cosentino? Potremmo benissimo attribuirle a lei, ma no! Non lo facciamo! E siamo qui, ancora, ad ascoltarlo. Ma il livello è basso, come dice lei...lei, a capo di aziende, non certo a sgobbare come me, un giovane e aspirante giornalista che, per pagare benzina e uscite il sabato sera, lavora tutti i giorni conciliando più impegni! Beh, ma anch'io mi troverei in difficoltà al suo posto, come lei si troverebbe nella stessa situazione nel mio, ammesso che ci sia mai stato! E' stanco degli insulti...e noi?

Noi non possiamo esserlo, noi dobbiamo essere "incompetenti", noi possiamo permettercelo. E qui ha ragione: lei non può. Lei non può fare ciò che facciamo noi, lei fa il Presidente. E la sua squadra è in Serie B, dopo una retrocessione, a 6 punti in 8 giornate. E ok dai, abbiamo scherzato.



venerdì 10 ottobre 2014

R-EVOLUZIONE


Vi dico la verità: a parer mio, sono tutte chiacchiere da bar. Renzi, la Gelmini, la riforma del lavoro. "Bravi, bravi, bell'interpretazione, ma per me è NO". Perchè, dico io, rovinare l'unica cosa che in Italia va bene? Perché combattere l'unico aspetto della nostra società che va bene: la polemica.

Ma voi, ditemi, immaginate un'Italia senza gente per strada a contestare il governo di turno? Ma che noia! Mi accontento, piuttosto, dei politici "ladri", di chi "mangia i soldi", come dicono gli anziani sugli autobus. E poi, senza le bravate di Silvio, le battute di Matteo e i pregiudizi di Salvini, come si fa, dico io?! Se non si dà la colpa all'immigrato di turno, se si batte la mafia, se aspettiamo lo scontrino al panificio, che senso ha anche solo alzarsi al mattino? 

E la barba non la tagliate, vestite hipster per sentirvi fighi. Dite parolacce e fumate, fumate tantissimo. Catania, per esempio, è diventata una ciminiera. E bevete, quanto bevete! Vestite malissimo, e vi lamentate del "guerno", senza sapere perchè.

Ma, spiegatemi allora, perché protestate? Perché volete cambiare le cose? Va già tutto bene così! Di che vi meravigliate? E' dall'antica Grecia che "democrazia" è sinonimo di "ingiustizia"! Cos'è che volete, esattamente? Volete un pasticcino? Un caffè più dolce? Il sole più luminoso? Perché, tanto, non sareste mai contenti!

E bevete, ancora. Ignorate il vero pericolo, a mio parere: ignorate l'ignoranza. Vi stanno spingendo alla protesta, vi stanno spingendo alla rivolta. E voi, zitti, eseguite. Ma sapete perché protestate, oppure conta solo "ACAB" e "Stato corrotto"? In tempo di crisi, la "Rivoluzione" è giusta, e sono d'accordo con voi, ma alla base deve esserci una "evoluzione", non una "involuzione".

La gente va educata alla Rivoluzione, va "accompagnata" alla rivolta, non "spinta" alle armi, ad una forma di rivolta anarchica e insensata. La Rivoluzione, a mio parere, va "razionalizzata". A che serve scendere in strada a far "casino" se, una volta girato l'angolo, tre quarti del corteo si perde tra negozi e bar? Mancano, a mio parere, figure che educhino le persone alla rivolta, ad una "Ri-Evoluzione" capace di portare alla ribalta idee, menti e cambiamenti veri e non apparenti. 

Non protestate, quindi: restiamo polemici. Lamentiamoci, e stiamo zitti, vi prego. Noi, italiani: pizza, mandolino e lamenti. E' la cosa che ci riesce meglio: conserviamo almeno quella.




sabato 2 agosto 2014

L'impiegato "non impiegato"


"Com'è umano lei!", carissimo megadirettore. Umano, sì, ma con la scorta. Per non sbagliare un passo, per carità! Nessuno, qui, vuole che le si sporchino le scarpe. "Facci" pure, direbbe qualcuno. Ma, così, per curiosità: per la scorta, la sostituiscono? Me lo sono sempre chiesto. O magari è un sosia. O un ologramma. O lei, in carne e panza. Ma quanto mangia? Altra curiosità, mi scusi, sono un tipo che si sorprende facilmente. E scusi, ancora, se mi sento Fantozzi: un personaggio talmente inutile da far sentire importante un ramo. Ma io ci tengo, che lei ci tenga. Ed è questo il punto.

Il problema, quello vero, è il modo di fare. 

Ma il maccherone, lo vuole col sugo? Mi viene, spesso, questo dubbio: la camicia, bianca, si sporca. La cravatta, pure. Che magna a fa'? E, intanto, a momenti se magna pure me. Caro mio megadirettore, ascolti bene: faccia palestra, aiuta. Stimola la mente e il corpo. E poi, gentile megadirettore, deve smaltire i pesi che ha "sulla panza": e sono parecchi!

Mi chiedo, ancora, come faccia a dormire tranquillo. Sonnifero e via, si dorme, dimenticando il precariato, la crisi e le vergogne da lei commesse. Lei gira con la scorta, la gente in macchina, con la ruota "di scorta". Non ha i soldi per il pane, e lei neanche: non paga.

Caro mio megadirettore, che per ora non ha una faccia: semmai dovessi diventare Ugo Fantozzi, vorrei incontrarla. Magari, con la sedia in pelle umana e l'acquario dei dipendenti. Vorrei sorriderle, abbracciarlo, e dirle che va tutto bene. Perché? Perché io e lei siamo uguali: due imbecilli, "in carne e panza".



lunedì 12 maggio 2014

A...rrivederci

Io proprio non riesco a farmene una ragione. Ho pazientato un giorno intero in attesa di una risposta che, però, la mia ragione non è riuscita a fornirmi. A me non dispiace. No dico sul serio: non riesco a dispiacermi, non riesco a far uscire anche solo una lacrima dai miei occhi, né ieri ho inscenato vari drammi alla notizia del gol di Dainelli in Cagliari-Chievo. E non riesco tantomeno a capire perché, secondo alcuni, siamo retrocessi "a testa alta". Proprio non vi capisco, perché mai saremmo retrocessi "con dignità"? "Va bene lo stesso, abbiamo lottato fino alla fine"...ma alla fine di che? Meritiamo di retrocedere, e non abbiamo lottato per rimanere nella massima categoria. Non ci abbiamo nemmeno provato! Una stagione iniziata male e finita peggio: dal nulla, poi, le prestazioni con Roma e Bologna. DAL NULLA. Da squadra "morta e sepolta" all'ultima spiaggia di Bologna...in una settimana. E allora non mi dispiace, mi fa arrabbiare: permettetemelo, che presa in giro! Lo dico sinceramente: mi sento profondamente stupido! Ho tifato i colori del Catania per un'intera stagione, sopportando il caldo delle giornate autunnali e il freddo di quelle invernali, ho riempito le mie scarpe di pioggia in occasione della partita contro il Torino, e mi chiedo: perché? Non mi appellerò alla dietrologia. Ciò che resta è la curiosa "rinascita" di una squadra che, più volte durante il campionato, ha abbandonato le speranze di salvezza. Perché illuderci così, caro presidente? Perché non farla finita contro la Roma, dico io! E che non mi si dica, ancora, che abbiamo provato a centrare la salvezza! Perché non lasciare al Bologna le ultime speranze di salvezza? Non ci prenda in giro, per favore. E adesso? Cosa aspetta di trovare Domenica sera al Massimino? Si dice che una società calcistica debba rispecchiare le caratteristiche di squadra e tifoseria: io, tifoso, non mi rispecchio in questa società. Una società che, fino alla fine, ha sposato un profilo "latitante", mancando all'appello quando i tanti, troppi sostenitori le hanno chiesto i motivi di una tale disfatta. Ed oggi, già stordito dalla retrocessione di ieri, leggo le sue dichiarazioni, caro presidente: "ritorneremo più forti di prima". No, lei no. NOI, tifosi, ritorneremo più forti di prima. Lei ha perso. "NOI siamo il Calcio Catania", presidenti ce ne sono fin troppi in giro. Forse, è anche per questo motivo che non riesco a dispiacermi per ieri...forse il legame instaurato con i colori della mia squadra del cuore va oltre ogni categoria. Forse...forse. Forse, è solo un brutto sogno. 


martedì 6 maggio 2014

Un, due, tre...sparo!

Lo ammetto: non ho visto la partita, Sabato. Ero in auto, ascoltavo la radio quando venni a conoscenza dell'immane tragedia che si stava consumando all'Olimpico di Roma: "ma si gioca, o no?". No, al di là dei processi che in settimana hanno impegnato i migliori opinionisti in circolazione (che, per un giorno, hanno "abbandonato" i propri discorsi sulla crisi economica), il lato più sorprendente della faccenda è la propria "realtà", in questo ordine: 1. Il calcio d'inizio della partita tra Fiorentina e Napoli è slittato: la partita potrebbe non giocarsi. 2. Disordini fuori dallo stadio: scontri, prima del match, tra alcuni tifosi (di quale squadra? Di quale sport?), "ah e tre sono all'ospedale", seguito dall'immancabile "non ha nulla a che vedere con il calcio". La partita, infatti, era di baseball. Seduto al tavolo con degli amici e sorseggiando un boccale di birra (diviso in due: si guida dopo) un uccellino (twitter) mi mette al corrente riguardo la trattativa tra Genny "Gegè" A' Carogna e la DIGOS sull'inizio della partita: "Allora ragioniere che fa, batti?", "Ma, mi da del tu?", ed ecco lo scandalo. Partita che non inizia, io nel dubbio mangio. Poi, sappiamo come è finita (o iniziata): doppio Insigne, Vargas e Mertens, stop. Della partita. Domenica mattina in TV non si è parlato d'altro: Genny ha deciso l'inizio del match, si è giocato solo grazie al consenso di Genny, i capi ultrà decidono, i capi ultrà di qua, i capi ultrà di là. Ma...Ciro Esposito? Ciro, ragazzo di 30 anni, colpito da colpi d'arma da fuoco, in fin di vita. Bene, al di là del mentecatto che Sabato ha indossato la maglia "Speziale libero", qui si è perso il lume della ragione: il Paese che, invece di parlare di una tragedia avvenuta ad un ragazzo che stava andando a guardare la propria squadra, parla (troppo) di un capo ultrà, ha già perso, ancor prima dei processi. Il Paese che, fino ad ora (6 Maggio, ore 22:09), non ha un colpevole a questa tragedia, ha perso la sua partita più grande. Il Paese che nasconde il colpevole (o l'accaduto), mascherandolo e dando più versioni della stessa vicenda (prima scontri tra le tifoserie di Napoli e Fiorentina, poi solo Napoli, poi -finalmente- l'inserimento della figura romanista nella trama), ha straperso. E nel Paese del "catenaccio", non è una sorpresa. Perdere? No, giocare male. In tutti i sensi.




domenica 30 marzo 2014

Il sole delle quattro



Autobus, Paesi Etnei. Biglietto "strappato" e via, verso il fondo. Obiettivo, una finestra. E le cuffie, meglio se soli, musica ad alto volume. Sguardo verso la città: tempio di bellezze tanto brutte quanto magnifiche. Calderone di emozioni contrastanti, tra la gioia e il dolore di chi non sa di poter cambiare le cose. Quanto è brutta l'ignoranza sul volto delle persone, mista ad incertezza e paura del futuro. Della giornata, che tramonta come inizia: e si sa che, in fin dei conti, le giornate durano quanto il sole. Dopo di esso, il buio e nulla più. Poi si dorme, e si ricomincia. Così, è tutto un crescendo, fino al culmine: il tramonto. Basta guardare sul volto, stanco, le persone. Affrante al mattino, affrante all'ora di pranzo, felici al pomeriggio, affrante la sera. Dormono affrante. Vivono affrante. E così, affrante, passano le giornate, per sentirsi vive solo per un istante: guardando il sole tramontare da una finestra, sfidando i raggi arancioni e cercando di guardarne l'intera circonferenza infuocata. Ma è così che deve andare, annoiati per natura, felici per pratica. Ci si esercita, si cerca sempre di farsi trovare pronti: ma pronti, poi, non si è mai. Così capita di incontrare una bella ragazza al bar, o un anziano saggio elegante, dall'aria di chi ne sa, ne sa molto della vita. E' un momento, un istante, nulla più. Uno sguardo pieno di vitalità che si infrange contro la vetrina di un negozio a caso, perdendosi nel nulla. Il sole delle quattro è paragonabile alla luce naturale: vedi tutto com'è veramente, e ti sorprendi di quanta tristezza c'è nel sorriso di una persona felice. Noti la sofferenza, viva. Noti la vita in uno sguardo, senti che per un secondo si puó vincere la maratona di New York, per poi tornare il solito inetto di sempre. Il sole delle quattro ha lo straordinario potere di farci sentire vivi, ma non completamente. Di farci capire quanto e come possiamo cambiare, chi possiamo essere, per un attimo. Vivi al 70%, ma non interamente. Vivi (quasi) per metà: ed è un gran privilegio pensando che, alla fine, solo chi muore puó ambire a sentirsi vivo completamente, per un momento, finale. 




lunedì 24 marzo 2014

Voci di corridoio

Si insomma, le classiche. Quelle della solita "persona che conosco" che si trova "all'interno" e "che sa tutto", tutto ciò che, però, nessuno vuole realmente sapere. Ma si annuisce, e il gusto di farlo è talmente piacevole da paragonarlo al caffè che stai bevendo al bar mentre ti raccontano le solite "storielle" da "diario della propria vita" che, in realtà, riempiono solo tempo. Il giusto, insomma, per passare tranquillamente quelle tre ore di una giornata iniziata male e senza ormai un senso. Come un campionato dalle grandi aspettative ma iniziato male: ci si accontenta della salvezza. Ma quanto fastidio potranno mai recarmi quelle persone che, ad un tratto, sul più bello del tuo racconto, ti interrompono per raccontarti la loro storiella? Ma il mio non vuole mica essere uno sfogo, solo svago. E, dite la verità, quanti di voi, amanti della musica bella e originale, ascoltano canzoni remixate? E magari, poi, le si criticano. Ma cos'è veramente la realtà se non si ha la possibilità di scegliere cosa ascoltare o no? Ma non voglio parlare di pregiudizi, mi perderei in inutili discorsi. Non mi piace il rock, nemmeno il rap, ascolto musica: è meglio. E si ha paura di condividere su facebook una canzone di Avicii per non passare per "non intenditori", ma la si ascolta: tanto meglio il silenzio allora. Ma, ritornando al tema centrale, "le mura parlano", e nei corridoi si parla pure. E cos'è, invece, la TV senza la spazzatura? Immaginate che noia non poter criticare Sanremo! E a noi, abitanti del mondo, piace criticare. Lo facciamo..."per sport", ci diverte ed è sano. Ma possiamo scegliere, ed è questo il bello. Anche se, poi, non scegliamo mai: saperlo ci fa star meglio, per un secondo. E' la giusta altalena di emozioni che ci permette (almeno) di preparare un caffé ed incontrare qualche amico. Ma non siamo contenti, a noi piace (s)parlare, e "i corridoi" diventano "piazze". Le voci, non più di corridoio, si diffondono velocemente: ed è giusto così. Il Catania vuole scendere in Serie B, i servizi segreti ci controllano, i politici "fregano" i soldi: e voi ditemi cosa saremmo senza queste voci! Senza nulla e nessuno a cui dare la colpa! Come sarebbero le nostre giornate senza "le scuse"? Più senso di colpa, meno leggerezza. Più "selfie", meno attenzione per il "self". Più gli altri, meno noi, meno me, meno te, meno ciò che ci piace fare: più ciò che piace fare agli altri. Perché finché le voci vengono raccontate in un corridoio siete voi stessi, anche per gli altri: siete voi e la vostra coscienza, e gli altri rimangono in piazza. Ed è giusto così. 



domenica 16 marzo 2014

La forza di ripartire

Game over. Sarò esplicito (è un blog, mica un giornale): caro presidente (stavolta, ahimé, con la "p" minuscola) che storia racconterà a noi, poveri stupidi (e a volte "ridicoli") tifosi? La storia della squadra più forte di sempre, lo sa, non va più di moda. Ma non la criticherò: anche io, lo ammetto, ho creduto di tifare per il Catania più forte di sempre. Talmente forte da riuscire nell'impresa di distruggere quel che di buono è stato fatto negli ultimi due anni: e, bisogna ammetterlo, si tratta di un'impresa. Racconterà mica delle meravigliose gesta della "risorsa" Cosentino? Monzon, a FIFA, era un signor giocatore. Leto, a PES, anche. Plasil e Biraghi li "acquistavo" in ogni mia squadra da "allenatore virtuale": scelte azzeccate, quindi, caro presidente, nulla da ridire. D'altronde, ci racconterà anche di come il simpatico De Canio ha migliorato la media punti: per un istante, ammetto anche questo, avevo riso alla sua battuta su quel "grande uomo di calcio" quale l'unico allenatore al mondo capace di farsi esonerare da qualsiasi squadra avesse allenato. E anche questa è un'impresa, e nell'anno delle imprese, ci sta. Ci racconterà, forse, di quanto non avessimo bisogno di attaccanti? E chi, caro "primo tifoso" (appunto, tra virgolette), può mai comprare un'altra punta se in campo può schierare un goleador come Bergessio? O magari una goleador, le caramelle, tanto dolci quanto innoque. Ma avevamo anche Petkovic che, purtroppo, è stato esonerato dalla Lazio del suo amico Lotito. Vuole forse dirci che puntavamo davvero su Bruno Petkovic? Perché lei stesso ha detto di essere stato deluso dallo scarso rendimento della punta. Che "Maxi" guaio ritrovarsi a Gennaio senza attaccanti. Immagino già il suo prossimo argomento: "non abbiamo trattato i seguenti giocatori...", chi? Giannetti aveva già firmato, Floccari rischiava di segnarci oggi, Okaka gioca bene alla Samp, Cristiano Ronaldo batte il Malaga a La Rosaleda e Ibra...Ibra non voleva venire, ha ragione. Avevamo Leto, e abbiamo preso Fedato che, però, non piace a Maran. E Maran è l'allenatore. Ma il giocatore non piace: e qui qualcosa non quadra. Come non quadra la sua reazione, carissimo, "il giorno dopo" la sconfitta contro il Milan negli studi di una trasmissione sportiva. Non quadra, non eravamo abituati a vederla così. Ed eravamo abituati (troppo) bene. "Ridicoli e offensivi" sono stati giudicati i giornalisti che davano voti bassi alla squadra dopo una prestazione da Pescara (non me ne vogliano). Il presidente butta giù la maschera: ridicoli e offensivi i giornalisti. Prima, netta, frattura tra la società e "il resto del mondo". Riprendiamo Lodi...a proposito, gioca ancora? Una partita, niente di più. Rinaudo, un fenomeno: e dico sul serio. Intuizione di Cosentino: diventa anch'esso fenomeno. E che storia sui giornalisti ci racconterà ancora? Chiamati a raccolta in sala stampa la scorsa settimana, "catechizzati" per non star vicino alla squadra. Siamo noi ad averla delusa. Noi, ad un tratto, diventiamo i colpevoli di un'annata storta. Noi, chiamati a raccolta per sostenere la sua squadra. Noi che, però, non possiamo parlare, non possiamo discutere dei fatti perché "non facciamo il bene del Catania". Ha ripreso un Maran più tirato che altro. Caro presidente, e mi accingo a concludere, non voglio generalizzare, quindi non punterò il dito contro di lei. Siamo ultimi, caro presidente, "giù la maschera", è finita, come la voglia di lottare. E' stato un bel viaggio, "atteriamo", prendiamo i bagagli e ripartiamo da zero: la Serie B non è poi così male. Progettiamo da capo, e poi si riparte. E si, si riparte, come su un aereo, o "un aeroplanino", come quello che appena due stagioni fa faceva del Catania "il piccolo Barcellona". Ma adesso l'aeroplano perde quota e, così come "altri" aerei di sua conoscenza, lascia a terra i passeggeri che, fino all'ultimo, saranno al Massimino a sostenere e tifare, nonostante il viaggio sia finito. Perché un amore dura per sempre, e NOI per il Catania ci saremo SEMPRE. 



domenica 9 marzo 2014

La Grande Ignoranza

Che bello, però, scoprire di avere un talento. Oppure riscoprirsi "italiani" dopo la conquista dell'Oscar. Un po' come accade a quei tifosi che si riscoprono "ultras" della Nazionale una volta raggiunta la finale dei Mondiali (me compreso, lo ammetto). "Ma che belle persone che siete!" direbbe, insomma, Jep Gambardella. Ma scrivere de "La Grande Bellezza" sarebbe fin troppo facile anche per chi scrive solo di sport attraverso i propri portali (non me ne vogliano, adoro lo sport). Mi limiterò, quindi, a scrivere de "La Grande Ignoranza": noi. Che siamo ignoranti, si sa, ma non a tal punto da criticare un capolavoro. Tralascio le critiche al film, anzi, tralascio proprio il film. Noi, protagonisti "dell'altro" film citato sopra, scriviamo il copione ogni giorno: peggiorandolo. Ad ogni battuta va scritta una risposta. E così, in Crimea stiamo scrivendo uno "spin-off" alla storia principale. Un "remake", per l'esattezza. Putin, lo stupido protagonista dai caratteri "Fantozziani". "Allora, ragioniere, che fa, batti?", no, invade. E l'Ucraina prega. Un'invasione "silenziosa", come la definiscono. In realtà, a mio parere, è fin troppo rumorosa. Il silenzio lo creiamo noi per non ascoltare l'orrore e la paura. Attiviamo uno di quei meccanismi di difesa di cui parlava Freud: neghiamo, spostiamo nell'inconscio un pensiero indesiderabile. "Macché guerra! Si risolve tutto a breve!", mi dicevano qualche giorno fa. "Macché lager! Sono circoli sportivi!", diceva (allora) Hitler. E noi? Ignoriamo. E si perché "essere ignoranti" non vuol significare avere una scarsa capacità intellettiva (oddio, molti creano delle scuse dietro a questo ragionamento). Ignorare è anche peggio di non conoscere. Conosciamo fin troppo bene la fine di questo capitolo, cerchiamo solo di non leggerlo e posiamo il libro. Ma che ci lamentiamo a fare se alla fine mangiamo la pizza ogni sabato sera? Se possiamo permetterci di criticare l'arbitro per non aver concesso il rigore? Ci lamentiamo, e abbiamo ragione: non conosciamo. "La Grande Ignoranza" la attribuisco alla nostra ipocrisia, capace di farci disprezzare il giusto e amare l'ingiusto pur di avere un consenso, per non finire soli, nel mondo. Un mondo solo, che ha paura di finire solo. Un insieme, disunito, separato. "Ipocrita", pur di un sorriso. Invaso, come la Crimea: silenziosamente, dalla paura. E noi i colpevoli, la causa di una guerra che è già iniziata. 



lunedì 24 febbraio 2014

Con l'amore di un padre

52. E non sentirli. O, chissà, forse si. Ma, infondo, a che serve l'età, caro Presidente, se c'è la passione? Forse sarò io un po' nostalgico, ma vedo il compleanno come qualcosa di importante, si è vero, ma marginale. "L'età non conta in amore", ed è giusto così. E lei ne è l'esempio. 52 candeline sulla torta, 10 di queste da "primo tifoso", tra i tanti "primi tifosi" che non sanno neanche di cosa "parli" il pallone. E forse è un male sa..essere troppo innamorato dei propri colori. Per uno come lei poi...che sta in tensione dal pre-partita, chissà come deve essere dover sopportare la sconfitta della squadra che tifa, sapendo che di quella squadra lei ne è anche il Presidente! Con la P maiuscola. E si perché tra i tanti lei è uno dei pochi che spiega perfettamente il termine "primo tifoso": dispiacere, gioia sfrenata, pugni alla panchina, liti con i giornalisti, liti con gli altri presidenti dopo un torto arbitrale. Lei non è un semplice "rappresentante" di una società calcistica: lei è la società calcistica. Sarebbe capace di entrare in campo e battere un rigore al posto di Ciccio Lodi, o di aggiungersi ai difensori in area avversaria per battere di testa sul calcio d'angolo all'ultimo minuto della partita. E chissà cosa succede negli spogliatoi quando la sua squadra perde! Lei che ha reso possibile un sogno che nessuno avrebbe mai pensato di fare nemmeno dopo una giornata tranquilla. Sa di quei sogni che si fanno dopo una bella esperienza? Quelli che quando ci si sveglia ci si sente rigenerati. Così, come nelle più belle storie d'amore, succede qualcosa, un punto di rottura, un'esperienza negativa. Così, saltano i nervi. E lo sappiamo Presidente, che quest'anno lei non è tranquillo. Si fidi, abbiamo imparato ad apprezzarlo e a conoscerlo. Non parlerò di calcio giocato in questo pezzo, glielo prometto. Non mi va, non mi sembra il caso. Il pilastro di una Città, Catania, non solo calcisticamente parlando. Umano. Esiste. Il Presidente che tutti sognano lo abbiamo solo noi: agli altri lasciamo gli sceicchi, gli americani e gli indonesiani..se questi ultimi capissero almeno di che forma sia un pallone! Lasci perdere le critiche: tutti sbagliano, noi lo facciamo continuamente. C'è ancora tempo, e lei lo sa. E come noi ci spera e continuerà a crederci fino alla fine, fino all'ultimo istante, per poter saltellare sul campo in impermeabile in pieno Maggio come in occasione delle due salvezze contro il Chievo e la Roma. E noi ci saremo, risponderemo presenti al suo abbraccio, per poter continuare ad esultare, cantare, urlare, e piangere, dispacersi. Insieme, perché come ha detto lei: "Noi, Catania, siamo una cosa sola." Auguri Presidente! 



giovedì 20 febbraio 2014

L'uovo "in camicia"

Ingredienti: 500g di USA, un pizzico di Italia, tanta ironia. Risultato? Restaurant man. No, non "uomo ristorante": uomo, ristorante. Showman. Fenomeno. Il mondo della ristorazione sta a lui come la matematica sta ai numeri: indivisibile, inseparabile, dipendente. Quindi, mettetevi comodi, TV accesa, popcorn alla mano: stasera il festival è Masterchef. Stasera Sanremo è Joe. Giacca e cravatta: un americano sempre in vacanza, in giro a "giudicare" gli chef. Guai a chi lo definisce tale! Da Fazio, qualche tempo fa, ci teneva a precisare: lui non è uno chef. Insomma: troppo simpatico per farlo (accanto a quei musoni quali Barbieri e Cracco poi..). Un genio, in sregolatezza. Joe Bastianich è ciò che dal mondo della ristorazione non ci si aspetta. La cucina sta cambiando: le macchie di "sugo" di pomodoro degli spaghetti lasciano spazio alla raffinatezza dei piatti. Lo stile, minimalista. Il sapore, pure. Il costo? Alle stelle: lo so, è un luogo comune. "Siamo ciò che mangiamo", diceva Feuerbach. Tu, Joe, cosa mangi? E Rachida? Provate a guardare una puntata di Masterchef senza ridere alle sue battute: impossibile. Provate a ridere alle battute di Carlo Cracco: anch'esso impossibile. Togliere il nostro caro Restaurant man dallo show sarebbe come togliere i colori ad un dipinto di Monet: tanta "dilusione". Ci tiene (tanto) alla cucina, e si vede. Figlio di Lidia Bastianich, chef di calibro internazionale, ha più volte raccontato di essere cresciuto nei ristoranti: è il suo habitat naturale. A "Che tempo che fa" (vi consiglio vivamente di guardare l'intervista) ha spiegato che una delle norme fondamentali del ristoratore è il rapporto con il cliente. Ora, immaginate di trovarvi "per caso" a pranzare in un suo ristorante: impallidisco all'idea quanto Enrica guardando "lo scrigno" distrutto da Rachida. Di' la verità, Joe, tu sei buono (in fondo). Hai detto che lo stato della biancheria è una cosa essenziale in un ristorante: e di quella dei concorrenti che mi dici? Appena ti avvicini a controllare i piatti si sgretolano, crollano. Ribadisco: tu sei buono, si vede. Appassionato di musica (per chi non lo sapesse, fa parte di un gruppo: i The Ramps). Insomma, ti mancano solo i capelli (ma quelli, si sa, non sono importanti). Un uovo "in camicia" e Air Max fluo, nota piacevole di uno spartito amaro, condito dalla crisi, risollevato dalle tue battute.  



mercoledì 19 febbraio 2014

Il "vincolo" di un #hashtag

Un mondo di cancelli, nessuna libertà. Cancello, chiuso. Lo "cancello"? Scrivo, anzi, digito. Invio, non funziona, si blocca: insulti (vari), è la macchina o sono io che non vado? Viviamo in un mondo chiuso da un cancello, un hashtag, parliamo "twittando" il giusto in 140 caratteri, niente di più: il lettore si annoia. Io mi annoio, non va bene: cancello ancora. Deve colpire, attirare l'attenzione, riscuotere consensi positivi: è il mio spettacolo, in quel teatro quale il mio profilo. La locandina "condita" dall'immagine di copertina, lo stato: a cosa serve? A nessuno interessa se sei felice: l'aforisma diventa la chiave del successo. Filosofi snaturati, grandi uomini si rivoltano sotto i nostri piedi. Amicizie. Amicizie? Seguaci. Ah ecco, ci intendiamo. "Dietro uno schermo", che luogo comune! Eppure io stesso sto scrivendo, adesso, dietro ad uno schermo, chiuso nel mio "mondo", siggillato da un "hashtag". Ah, a proposito, bello il monumento che hai visitato ma..sai almeno la storia? Instagrammiamo tutto, fotografiamo: e forse questo è un bene. La politica "fatta" dal popolo: non siamo contenti? Le critiche ad un programma TV: normale. Gli insulti ai tifosi avversari: ci sono sempre stati. La tendenza, noi. Non ci si stupisce, non fa più tendenza: è normale. Normalità, nell'anomalia. Ci lamentiamo troppo di vivere in un mondo "poco sociale" che non ci rendiamo conto che, invece, è più "social" di quanto pensiamo: il pranzo è social, lo sport? E' social! I sentimenti sono social...mente incomprensibili. Come ciò che si scrive chiuso da un hashtag, come noi, chiusi da un "hashtag" del quale abbiamo le chiavi ma dal quale non vogliamo uscire. E, forse, è un bene. 



lunedì 27 gennaio 2014

Shoah: quel passato che è ancora presente

Oggi fa freddo, è inverno. Accesi i riscaldamenti abbiamo abbandonato il nostro letto per fare colazione, la TV accesa, come l'auto per andare a lavorare. L'ipocrisia non paga: nessuno stamattina si è svegliato ricordando l'olocausto. Al massimo ce l'avrà ricordato il telegiornale.. o i social con una frase a caso di Primo Levi "spiaccicata" in bacheca per raccogliere i consensi dei followers: non si ricorda "tanto per", si ricorda per non commettere lo stesso errore "in futuro". E così, mentre il mondo piange lacrime di coccodrillo per ricordare una strage che nessuno ha mai avuto il coraggio di fermare, in Siria il passato ritorna presente. Cambiano gli interpreti, cambiano le vittime, cambia lo scenario. Auschwitz diventa allora immagine da copertina, da "prima pagina", la celebre frase "Arbeit macht frei" ("Il lavoro rende liberi") diventa icona della strage. "La giornata della memoria" fa rumore, quando invece dovrebbe far silenzio. Si parla troppo, si specula troppo. I TG ricordano con clip, interviste. Le foto sui giornali. Loro, chi deve essere ricordato, non sono morti per ritrovarsi su un libro con una didascalia sotto. Loro non hanno bisogno di spiegazioni o di racconti: è la strage che parla da sé facendo silenzio. E' questa la memoria, il silenzio di un pensiero, non i proclami alla radio. Le Nazioni non si scompongono più di tanto, a loro, a noi, non importa veramente: siamo ipocriti. E siamo deboli. Si fanno concorsi a tema, si vincono premi. Sembra quasi che tutti abbiamo scordato ciò che dobbiamo ricordare. Così, noi del "futuro" celebriamo una giornata del "passato" senza guardare al nostro "presente", ciò che è alla nostra portata. Ogni giorno, in Siria, si compie un massacro. I bambini muoiono sotto le bombe, le donne che li proteggono prima di essi. Sono costretti a fuggire dalle loro case, dalla loro Terra, "deportati" dalle loro menti, chiuse come la guerra interna. E noi? A guardare "Il boss delle torte", mentre loro vengono massacrati. La chiamano "la strage silenziosa" perché nessuno fa rumore, nessuno ne parla. Eppure, siamo tutti a piangere oggi, per il passato. Pensiamoci, smettiamola di bagnare le nostre maglie con le lacrime finte di chi a casa trova il polpettone: denunciamo. Loro, chi viene ricordato oggi, sono morti per questo: "la memoria" serve a cambiare il futuro, loro sono morti per cambiare la storia. Il mondo è già stato in silenzio una prima volta, fingeva di non sapere. Oggi ci riteniamo "più evoluti" di allora, e forse è per questo che nessuno ferma "l'olocausto" Siriano: il peso della vergogna è troppo grande, adesso noi siamo i carnefici, ricordiamolo in futuro.   


martedì 21 gennaio 2014

La terra dei cachi

E l'Italia è questa qua. Si, insomma, è questa: la terra dei cachi. Elio ci aveva visto bene..era il 96, gli anni novanta, quel "peggio" della frase "si stava meglio quando si stava peggio". Ma quando si stava peggio? Peggio di..quando? E' una continua applicazione della legge di Murphy all'infinito: può sempre andare peggio. Sorrido, e sono felice. Perché? Perché fa ridere. E quando si ride, si è sempre felici. Avete mai visto un tizio ridere perché triste? Finiamola: "la risata di tristezza" non esiste. Un po' come la crisi. Si insomma quella storiella che raccontano ai bambini per giustificare il mancato acquisto di un giocattolo. Oppure quella che raccontano i politici quando vogliono "in prestito" i 5€ per il gelato: "c'è la crisi, pagate più tasse perché dobbiamo saldare il debito pubblico che abbiamo fatto con il gelataio l'altro giorno". Ma, alla fine, com'era il gelato? Eh sappiamo che poi a noi tocca il cono...era buono almeno? Che terra dei cachi quella in cui viviamo! Sembra una continua riunione di condominio. Silvio, il rumoroso. I suoi festini? I migliori. Disturba la quiete dello stabile, un inguaribile dongiovanni. L'altro? Matteo, il tranquillo. Lo chiamavano "il nuovo che avanza", è giovane e pareva infastidito da tutto questo disordine. Adesso migliori amici, dividono il palazzo: compagni inseparabili di merende. Avete ragione, i cachi. "Una pizza in compagnia, una pizza da solo, un totale di due pizze e l'Italia è questa qua", non ci manca nulla. Passiamo più tempo a far conti che a pensare a cosa vogliamo: il tempo di controllare il portafogli e non abbiamo più fame. Nessuno ci rimborsa "le pizze", siamo noi a doverle pagare ai nostri superiori. "Perché c'è crisi", e in giro non ci sono "i macchinoni", nessuno compra smartphone di ultima generazione e sempre per questo discorso nessuno viaggia. Immagino la desolazione sugli aerei, le hostess che si annoiano e giocano a pallavolo a bordo. "I ristoranti sono vuoti", diceva qualcuno. E' la terra delle truffe, ovvero dei "cachi marci". Quelli che ti vende il fruttivendolo "spacciandoteli" per buoni. "Sono solo un po' maturi!" E io pago. Cioè, io no. Chi per me, e non è bello. Ma a chi vuoi che interessi? Il politico non mangia cachi, mangia da Cracco e Barbieri. Siamo tutti "giudici" adesso. Dilusi, molto dilusi. "Mi stai diludendo, questi cachi fanno schifo!" Pensate che riusciamo a sentire le numerose sfumature di un panino al formaggio, ma al momento di votare ci confondiamo: sembrano tutti uguali. E' una sorta di Masterchef in politica...Masterscem. I giudici siamo noi: l'ho detto che siamo la terra dei cachi! Scusate, i cachi. Siamo noi i cachi, chi marcio e chi maturo. Veniamo ogni giorno venduti al mercato della frutta da chi sta sopra di noi, in attesa di essere mangiati. Ma d'altronde, da abitanti "cachi", le terra non può che essere... 


giovedì 16 gennaio 2014

La solitudine dei numeri primi

Tre vittorie, 13 punti in classifica in campionato. 11, un numero primo, come Leto. Oggi, per un istante, il Massimino aveva ritrovato il sorriso. Per un secondo, appunto. La partita persa contro il Siena per 1-4, valido per gli ottavi di finale di Tim Cup, è lo specchio nonché la perfetta definizione di questa prima parte di stagione: disastro. Vorrei iniziare dalla fine: il pubblico del Massimino applaude, in campo rimane una sola squadra a salutare e ringraziare tutti. L'atmosfera perfetta è rivolta agli "eroi" del Siena, squadra di Serie B in visita oggi a Catania per una pura formalità: "la partitella" di turno (di solito, ogni squadra di Serie B ne ha una a stagione, quella che si dà per "persa", quella che giochi perché "la si deve giocare" ecc), in Coppa Italia, col campionato fermo da due settimane. Il "capo branco", Michele Paolucci, l'ex, uscito qualche minuto prima tra gli applausi. "A Catania un pezzo della mia storia", indica il cuore ai tifosi: il pubblico apprezza. In campo, invece, solo confusione e, tra il panico generale (giocatori "impazziti" a correre per il terreno), la figura di un uomo, solo, sconsolato. Il triste (più che mai), mister De Canio, bersaglio dei cori dei tifosi, degli insulti. La figura della "maestrina" che non riesce a trattenere i propri alunni mentre scorazzano per la classe è più che mai azzeccata oggi. "Il campionato è un'altra cosa!" Ma il problema non è lui, la persona intendo. Così calmo, indifferente a qualsiasi provocazione: lui ha la grande sfortuna di essere nato nell'epoca sbagliata. Il catenaccio, sostituito dal calcio veloce e offensivo del "tiki-taka" ossessivo, è fuori moda, un po' come la tuta con l'impermeabile della società indossata dal tecnico. Ma non sfigura mica eh con quel suo capello brizzolato! Ma la gente è stanca, più rossa che azzurra tanta la rabbia, incontenibile quasi ai gol "bianconeri" di oggi. E pensare che questo bel pomeriggio d'inverno era iniziato con lo splendido gol di Leto.. "Dai che vediamo una goleada!" E quando Maxi supera in dribbling Matheu? Alla faccia! Il 12 gli dona, sublime il suo scatto, meraviglioso l'assist, un po' meno la cresta. Ahi Wanda Wanda...Ahi Ciro Ciro! "Scendi Ciro!", ma non dalle scale eh, fatti aiutare! Scendi che ci serve il quarto a scopone! Catania "Rinaudo" al quarto minuto (curioso come l'unico a "dare l'anima" oggi sia stato un giocatore arrivato pochi giorni fa). Paolucci "l'eroe", Andujar "il protagonista". Meraviglioso sul primo gol, superbo (a volerlo imitare è impossibile) sul secondo, fenomenale sul terzo: un gesto d'alta scuola, difficilissimo per un portiere. Lasciar passare il pallone e non cercare di prenderlo è, per un portiere di medio/basso talento, una vera impresa. Al quarto gol si esibisce in una sorta di "tuffo da fermo" da 2 in pagella: la Cagnotto storce il muso, non partecipa alle olimpiadi (e forse neanche ai mondiali). La solitudine dei numeri primi, di chi oggi era allo stadio ad applaudire il Siena a fine partita. Dei giocatori, i "numeri primi" che corrono in solitudine per il campo: nessuno la passa, tirano tutti. Non egoisti ma "assetati" di gloria personale, vogliosi di quella fetta di torta "conservata in frigo" e che sta per andare a male, per godersene un po' prima di buttarla via. Il Catania sembra avere una scadenza adesso, somiglia ad uno yogurt al gusto "prugna e cereali" riposto nell'angolo dell'ultimo ripiano del frigorifero, in attesa di qualcuno che lo mangi o, più semplicemente, di essere retrocesso a "scaduto" ed essere gettato nel "purgatorio" del cestino. 

martedì 14 gennaio 2014

L'importanza di chiamarsi "Salvatore" in una terra di "diavoli"

Catania, bella città. Meta turistica, sempre "sveglia". Ma d'altronde, "la città non dorme mai", dice qualcuno. Al di là delle luci, al di là dei grandi centri, dei vestiti firmati, delle passeggiate in Via Etnea: un altro mondo. Due facce della stessa medaglia, così diverse da far paura a molti. Una, giovane. Bella, sorridente. L'altra, sporca. Catania è anche questo, smettiamo di nasconderci dietro falsi alibi. Catania da terzo mondo a volte, che sa essere metropoli e "favela". Sullo sfondo tanti bambini, la speranza, il futuro. Giocano, a modo loro, non hanno iphone, non hanno playstation: litigano. E i loro padri? Uccidono. La faccia più brutta della medaglia è quella che Catania offre ogni giorno. Via Etnea diventa un'autostrada, fantastica attrazione per i turisti, meta dello shopping. C'è anche lo "zoo", persone come bestie, anarchia: vere e proprie scimmie scorazzare a destra e a manca, litigando, provocando, strillando e rubando. Già, il denominatore comune. "C'è malura! (C'è povertà!)", io la chiamerei ignoranza. Viviamo in una città di ignoranti, smettiamo di cercare scuse. Una passeggiata in centro commerciale è quasi preferita ad una in Corso Sicilia pur di non imbattersi in tali individui. Stranieri? Si, ma "stranieri" dalla civiltà. Saltano i parcometri, la mafia dietro tutto. Si, mafia ragazzi, non abbiate paura di dirlo. Esiste ed è impossibile non rendersene conto. Parcheggi abusivi che fanno sentire la gente normale "abusiva". Non si è liberi di divertirsi, di esprimere le proprie idee. Catania non è una città, è un insieme di paesi distinti. Di "distretti", ad ogni distretto un capo, si sa come vanno queste cose..e poi le bande. E' la città che non dorme mai, della movida. Già, il sabato sera "movimentato": liti, scippi. "Non è sempre così!", va bene va bene! L'automobile parcheggiata, più alta e senza ruote. "Le avrò avvitate male l'ultima volta!" Un'occhiata, rude, e scoppia una lite. L'insulto alla donna amata? Omicidio per giusta causa. "A santuzza?" col coltello puntato pur di stare in prima fila. Le minacce, i cori allo stadio. Il calcio che diventa violenza. Le scritte sui muri, i venditori ambulanti. La gente che, fuori dai supermercati, ruba i carrelli colmi di spesa. E' povertà, ma di civiltà. A Catania non si vive, si sopravvive. Smettiamo di ignorarlo e di mentire. Una città in mano a chi "comanda", sorda, non ascolta le voci di chi vorrebbe cambiarla. Ci sono più centri di scommesse che monumenti. Piazza Stesicoro viene ricordata non per la sua storia ma per la presenza del Mc Donald's. La fiera, non è più fiera. Cinesi, ovunque. Reale trasposizione del film "Benvenuti al Sud". Ignoranza che va oltre l'analfabetismo, di quella gente che ha come modello di rispetto "il boss", di quella gente che gioca a fare "il mafioso" per sentirsi potente, di quella città rimasta indietro di un secolo. Noi siamo questo, siamo ignoranti. Ci fossero meno "Salvatore" e più "salvatori" forse (forse) si riuscirebbe a vivere invece che sopravvivere.



lunedì 6 gennaio 2014

Lodi, Lodi, Lodi!

Torna lui e cambia tutto. O meglio, tutto ritorna alla normalità. Tutti contenti, lui per primo: è tornato Ciccio Lodi, è tornato il Catania. Non c'è stato un tifoso che, presente allo stadio, salite le scale non abbia cercato con lo sguardo l'uomo in tuta blu impegnato nella fase di riscaldamento. Si rompe subito il ghiaccio, come fosse il "primo appuntamento": dagli spalti si ascolta un coro misto a tanta emozione. E così il saluto di chi torna a casa da un viaggio, come a voler dire "Sono tornato, mi siete mancati!". Quasi passano inosservati i nomi dei giocatori del Bologna annunciati dalla speaker. Il conto alla rovescia e poi il boato, la sorpresa di un abbraccio dei tifosi di un Massimino stracolmo: "Bentornato!". Il Catania gioca, finalmente, quasi come se il tempo non fosse mai passato: due scambi tra il centrocampo e l'attacco, "due parole" scambiate tra Bergessio e Plasil attraverso un pallone ed Alvarez che vuole inserirsi nella discussione. Il Catania è vivo. Le fasce, "queste sconosciute", il centrocampo prende forma, si gonfia e si sgonfia, si allarga e si stringe, blocca le azioni del Bologna, crea sull'esterno. Frison si annoia, ed è già un buon segno. Un film già visto, uno di quelli che non ti stanchi mai di guardare. Mancava solo il regista, in tutti i sensi. Calcio piazzato, punizione dalla trequarti. Se ne incarica Francesco Lodi. Un uomo solo in barriera, "siamo piazzati male!", dicono dalla tribuna. Il vuoto alla battuta, l'esplosione subito dopo. Tempesta d'emozioni, Bergessio insacca di testa e corre ad esultare sotto la "B", Lodi corre ad incitare i tifosi. Come una liberazione, "finalmente". Il Catania è in vantaggio come non capitava da (troppo) tempo. Il Bologna della ripresa è una squadra in formato "corsaro", con il coltello tra i denti. Il Catania è la solita vettura al diesel che, però, quando parte lo fa nel modo giusto. Punizione, trenta metri. Neanche a dirlo, il regista sospende "le riprese" e, quasi a voler girare un nuovo capitolo di Harry Potter, disegna la sua solita parabola "magica": palo. Il rammarico, vuole segnare, si vede. Il gioco del Catania è pura poesia: Plasil scambia ,alla "cieca" (o ceca nel suo caso), un filtrante con Pitu Barrientos che disegna un assist per Gino Peruzzi. Cross basso e braccio di Morleo in area di rigore: troppo evidente per non fischiarlo, troppo importante guadagnarlo. Siamo ad Hollywood, fotocamere pronte con il flash acceso, tutti a riprendere questo momento, tutti ad immortalare il regista che vuole lasciare "le impronte" come i grandi del cinema: 2-0. E' lui la star, è lui il protagonista di questo film e va sotto la curva quasi a chiedere ai suoi tifosi "quanto mi siete mancati!?". Il Catania cresce e diventa grande, non è più una sfida salvezza, è una passerella di grandi attori: Pitu becca il palo a tu per tu con Curci. Torna il gioco, torna il solito Gonzalo Bergessio: corre, lotta, fatica, si sbraccia, rischia di farsi male ma si confonde di fronte allo specchio della porta, quando tutto lo stadio era pronto a gridare al gol. Che gioia però, che magia! Troppo facile parlare di un Bologna inferiore, troppo facile dare tutti i meriti a Francesco Lodi. Ma forse proprio perché fin troppo facile che non bisogna smettere di credere. E' tornato il Catania gente.