domenica 29 marzo 2020

Parresia, Vol. 7: Cose importanti

A chi importa del mare, quando le onde dell'infinito andare placano la voce dei desideri nella schiuma? A chi importa del vento, quando anche l'ultima foglia stramazza al suolo insieme al progetto del perfetto e quieto vivere? A chi importa della luce del sole, quando la notte sopraggiunge inarrestabile, danzatrice del ventre di scarsa speranza, ma di lunghe e oscure intenzioni?

E dite, a chi importa del fumo delle case, delle urla taciute e della noia assecondata, quando gli squarci della terra prendono per mano quelli dell'anima? Disegno imperfetto della tragedia umana: consapevolmente infelici. A chi importa del tempo, quando anche l'ultimo mal di testa è scappato via, insieme alle speranze di una nuova e incosciente malattia? E ancora, a chi importa del gusto e dei colori, quando la vista impone l'astigmatismo dei sogni, accorciandone il distacco dagli incubi?

E a chi importa delle decisioni, delle incertezze, dei passi indietro e di quelli in avanti, delle strade e degli accennati sentieri, delle stagioni e della stasi, dei muscoli e delle articolazioni del pensiero, quando la differenza supera l'identità del nostro vivere, riducendo tutto a incessante e infame movimento?

A me importa.



lunedì 16 marzo 2020

Parresia, Vol. 6: Abbiamo perso la nostra dignità

Abbiamo perso la nostra dignità. I tempi frenetici hanno provato ad avvertire dolcemente le nostre coscienze, fallendo mestamente: non abbiamo ascoltato i loro richiami. Abbiamo perso il nostro mondo, le nostre cose: abbiamo lasciato che il destino le divorasse dall'interno risalendo alla superficie del loro corpo, e che su di esso incidesse i segni della trascuratezza. Voragini piene di sospiri eterni.

Ci siamo fatti ingannare dai cartomanti della fermentazione delle abitudini: i teorici del progresso dell'umano volere. E così ci siamo persi nella commedia dell'esistenza che ci vede apparenti protagonisti di quel racconto impersonale qual è, appunto, la vita. Persi, ancora, nel ruolo di punto più importante di un tratteggio dolce, sputato su un foglio già sporco di linee che non conoscono provenienza e che pretendono consapevolezza del senso ultimo. Sciocchezze. Questo siamo. Ma ciononostante abbiamo perso la nostra dignitià, svilendo la precarietà della realtà, ove ancora possibile. L'abbiamo resa nullità: impresa eroica per piccoli ammassi di carbonio (neanche fin troppo consapevole).

Friedrich ci aveva avvisati. Non meditiamo più. Non c'è più silenzio in noi. Offriamo continua ospitalità ad "una macchina dall'inarrestabile rullio, che neppure nelle condizioni più sfavorevoli cessa di lavorare". Ci siamo noi e la nostra mente mondana: complesso dall'inspiegabile egocentrismo. Non siamo protagonisti: siamo comparse. Al massimo commedianti della seconda linea. Protagonisti sono i nostri movimenti in sincrono, le nostre parole in rima, le nostre esistenze unite. Ma che importa, adesso che abbiamo svuotato di ogni dignità le cose? Ora che non ci prepariamo più a meditare su di esse, ma a fingere? Ora che c'è troppo poco silenzio e troppa velocità di riflessione sulle stesse? Cosa sono queste senza dignità? Nulla: come noi. Come tutto. E come ciò che non è, allo stesso tempo viene ad esistere: ma senza senso alcuno. E', e basta. Ed è qui si compie la tristezza dell'abbandono irreversibile. 

Piangiamone. Abbiamo perso la nostra dignità.



sabato 7 marzo 2020

Parresia, Vol. 5: Il panchinaro

Siede comodo, il panchinaro: colui che sente spiritualmente il peso della sfida con un mondo che ha preferito, per lui, il ruolo di assistente. E lui per tutta risposta assiste, in duplice senso: assiste gli altri, nel senso di supportare, e assiste gli altri, nel senso di guardare. E' un assistente della vita: respira le emozioni in modo distaccato, con un privilegio in più rispetto ai comuni. Può sognarle, ma senza toccarle. Privilegio raro: sia mai che ci si sporchi le mani di quel delitto immondo qual è l'errore.

Come può essere definito questo se non, appunto, un privilegio? Il non essere chiamato in causa, seconda scelta da sempre, porta sempre benefici: meno fai, meno sbagli. Quindi siede comodo, il panchinaro: puntualmente pronto ad entrare, ma conscio di non poter mai essere protagonista. "Meglio lasciar fare il grosso agli altri": a lui spettano gli ultimi minuti. Quando va bene. In caso contrario doccia calda rigenerante: non si è corso neanche oggi, ma se questa deve essere, la vita... Sì, insomma. Bisognerà farsene una ragione, una volta in più. L'abitudine di un vissuto da assistente, d'altra parte, gli è utile: e se per caso capita la grande occasione, quella da titolare per indisponibilità delle prime linee, beh, la si sfrutta nel migliore dei modi. Da operaio: stucco e spatola, si porta a casa la giornata. Sia mai che l'allenatore vada in difficoltà... no, meglio tenersi la panchina. Posto sicuro.

Diventa persino il "distrattore" dai cattivi pensieri, sempre pronto a dare il cinque a chi esce dal campo: "bravo, bravo", e via di pacca sulla spalla, offrendo la borraccia. "Grande oh, quel colpo di tacco... e quella giocata...": sa bene che non sarebbe mai riuscito a farla, il panchinaro. Limitato nelle ambizioni e nelle aspettative: agli altri la gloria, a lui la medietà. "In medio stat virtus": chissà che sorpresa scoprire che, in realtà, la virtù gli spetta di diritto molto più di quanto possa mai spettare ai titolari. Figure da mettere in mostra, pedine sporche del fango dell'apparenza "gialla" dei riflettori: è con la luce soffusa che si vedono le anime luminescenti. Tutte brave, al contrario, quelle degli altri a raccogliere la linfa vitale dei fari.

Guarda di nuovo la lista dei convocati: il suo nome è scritto con i soliti caratteri intrisi di inchiostro muto, ma il destino racconta che andrà di nuovo in panchina. E' nel silenzio della scelta di non ribellarsi che viene fuori l'anima luminescente del panchinaro. Sa bene che il non ribellarsi è la prima forma di ribellione in un mondo di urla e casinisti. E nel silenzio segue la sua strada, ascolta la voce più intima che gli confessa il più prezioso tra i segreti: un giorno arriverà il suo momento. Intanto un'altra partita ha inizio. Si siede, guarda il campo: applaude le giocate dei compagni. Assiste. Gli altri, il presente. Se stesso. Povero, bugiardo.