sabato 30 maggio 2020

Parresia, Vol. 10: Dio e le cicale

"Solo un Dio ingiusto può permettere il fastidioso gracchiare delle cicale": questo l'ultimo messaggio archiviato sgraziatamente dalla mia Coscienza, mercoledì pomeriggio.

Negli ormai-sempre-più-costanti dialoghi con la parte di me che più tra tutte odio, quella che mi riporta alla memoria i nefasti di un trascorso che avrebbe potuto raccontare mirabili imprese (o, più semplicemente, azioni volte alla mia salvaguardia e non alla mia distruzione), ho trovato una via d'uscita: una porta sul retro, una scappatoia. Nonostante i continui tentativi nel disinnescarmi, sono riuscito a guadagnare un discreto margine di manovra nel ristrettissimo spazio che mi concede, dal suo ritorno, la Coscienza. In breve: tra quelli archiviati in segreteria dopo il "beep" della fase REM (e tra uno spam e l'altro di prodotti visionati sui social) ascolto esclusivamente i messaggi più importanti.

L'ultimo mi è parso fondamentalmente interessante: testualmente, "Solo un Dio ingiusto può permettere il fastidioso gracchiare delle cicale". Ora, premesso che quello delle cicale è un "frinire" e non un "gracchiare" (la mia Coscienza ha evidenti lacune in tal senso), a differenza di tante altre riflessioni questa, seppur sgraziata, insolitamente non mi è parsa priva di senso. La misantropia che da sempre colora le mie giornate si è trasformata nella consapevolezza ultima della decadenza del circostante: un Dio giusto, qualora esistesse, con ogni probabilità non ammetterebbe in un mondo saturo di opinioni (viva la libertà d'espressione) i canti stonati di chi tende ad infastidire, in maniera conscia e lucida.

Perciò sono giunto ad una conclusione: essendo le cicale consapevoli, pur nella loro ingenuità primordiale, del fastidio arrecato alle nostre orecchie, servirebbe un'entità superiore a porre un freno alla loro vanità. Ma così non è: o se è, essa presta continuamente il fianco alle loro discussioni insopportabili. Connivente. Così noi, nello stesso mondo saturo di opinioni (di prima), ci sentiamo in dovere di "gracchiare" ("frinire") tutti quei pensieri che noi stessi riteniamo fuori dal mondo. Fuori dalla ritmica musicale: semplicemente fuori dal lecito. Vanitosamente, per raccontare qualcosa. Per confermare la nostra presenza, per dire che esistiamo: che ci siamo.

Che siamo: cicale e non più uomini. Barocco fuori e profondo vuoto dentro: come questo pezzo. "Gracchiare" vanitoso, senza scopo e senza Dio.


sabato 2 maggio 2020

Parresia, Vol. 9: La sindrome dell'incompletezza

Ebbene sì, diagnosi impietosa. Soffro della sindrome dell'incompletezza. A dir la verità, lo sospettavo da parecchio: più o meno da quando non riuscivo a darmi pace per quel bicchiere di tè lasciato a metà in un freddo pomeriggio d’estate, seduto di fronte alla replica di una partita di calcio olandese. Avevo otto anni, forse nove. In ogni caso. E' una sindrome personalissima nel suo essere "sapida". A tratti paranoica. Forse è proprio per questo che mi sono recato da uno specialista: il migliore, il Tempo, si trova attualmente in ferie giustificate (e pagate). La segretaria, l'unica a tenere lo studio aperto, mi ha comunicato le sue ultime volontà, lascito di chi non ha intenzione di rientrare in fretta: "Prego, recarsi dal dottor Silenzio. Allievo sapiente, a buon prezzo", recitava il bigliettino scritto a mano con rigore e solito tremolio. E così fu.

La sala d'attesa del dottor Silenzio offre spazio e respiro: incastonato tra l'appartamento di un misterioso e losco rappresentante di ricambi di automobili e simili, tale Tony Rimpiazzo, e l'attico di uno dei più importanti avvocati della zona, il dottor Giudizio, quello del dottor Silenzio è stato eletto a "miglior studio professionale" della città di Sentimenti dalla rivista "Premi a caso per alcune case: edizione premium", superando di misura la casa di cura con piscina del sindaco (e filantropo) ispanico Jorge Corazon. Ma di questo parleremo un'altra volta. Divorate le riviste che ornavano la sala d'attesa da decenni (perché, si sa, è prassi e buona educazione mostrare curiosità e finto stupore per notizie di gossip trite e ritrite, prima di essere ricevuti in visita), e sedutomi di fronte all'imponente e insolitamente ordinata scrivania del dottor Silenzio, la prima diagonsi alla lettura delle analisi fu spiazzante: "Signore, lei deve dimagrire". Come? Io? "Sì, sì, proprio lei: cos'è, stupito? La scienza non mente! I valori della confusione sono troppo alti, così come la quantità dei pensieri nel sangue. Mi dica, quante ore dorme al giorno? Di corpo è regolare?". A me sembra tutto ok, a dire la verità: il sonno non mi manca, anzi. "Ecco, visto? Dorme troppo! Classico caso di "evasione inconscia", come direbbe il professor Leser von Emotionem. Allora, cos'è che le dà noia?". Tanti sono gli aspetti del vissuto che mi annoiano, in realtà: le bugie, ad esempio, o la convenienza. Poi, poi... l'altezza. Soffro di vertigini e la cosa mi restituisce non poco fastidio. "Come sospettavo".

Me lo avevano descritto in maniera assai fedele, il dottor Silenzio: fronte liscia, guance scavate. "Capirai che avrà compreso ciò di cui soffri quando il sopracciglio sinistro supererà l'altezza imposta dai muscoli", mi dissero. E così è stato. "Caro mio, è evidente: lei soffre della sindrome dell'incompletezza". Cioè? "Mi dica, cos'è che prova quando si affaccia dal balcone, guardando il suolo a due piani di distanza, con l'irrefrenabile voglia/tentazione di spingere il suo petto verso la ringhiera per vederlo ancor più da vicino, mentre il cuore si stringe in un urlo d'aiuto, riluttante all'idea di scivolare giù e schiantarsi contro la sua più grande paura, la morte?". Curiosità. "Proprio così: curiosità". Tutto ad un tratto mi fu più chiaro, ma il dottor Silenzio proseguì ugualmente: "Quando il peso della testa si fa più grave, mentre l'orizzonte inizia ad ondeggiare e i polmoni si gonfiano d'aria e preoccupazione, cos'è che pensa? Di cosa è curioso, precisamente?". Di scoprire la vita com'è, senza vertigini. O come deve essere vivere senza paranoie, o che significato hanno, queste. E se cado? Cosa succede al mondo "dopo"? Continua ad esistere, chiaro: ma a me? A loro? Che succede a loro? C'è dell'altro?".

Il dottor Silenzio si girò, prese in mano una pipa, due pizzichi di tabacco e si mise a fumare. "Ha già la risposta, mio caro. Può saldare il conto al banchetto della mia segretaria", e mi liquidò. Il mondo mi cadde addosso. La diagnosi, come detto, fu impietosa: almeno per me. I sospetti erano fondati. Ripensai, quindi, a tutte le volte in cui ho sofferto d'incompletezza: sempre. E anche quando completo una certa cosa, cerco significati e spiegazioni postume, e chiaramente possibili sequel. Citazioni inesistenti: segni del e dal destino. Nella ricetta medica ha scritto due indicazioni: "Dimagrire", la prima, "Smettere di dormire", la seconda. Materiale a sufficienza per la riabilitazione dei sensi. Forse è solo una scusa per ritornare a vivere: forse è solo un motivo in più per dare significato a qualcosa. Ahia, eccola lì, di nuovo: l'incompletezza. Come non detto.