lunedì 16 dicembre 2013

C'era una volta il calcio italiano...Cronache di una lega falcidiata da scandali e sconfitte

"C'era una volta"...la Federazione Italiana de Football. Era il 16 Marzo del 1898. Era la prima "lega" italiana del gioco del pallone. Sempre undici giocatori, sempre i goal. Sempre il pubblico, i campi, l'area di rigore, il calcio d'inizio, l'arbitro. Venne organizzato il primo "campionato" vinto a Torino dal Genoa Cricket and Football Club. Tutto in una sola giornata, tutto l'8 Maggio 1898. L'Italia c'era, giocava a "football". Erano gli anni della svolta, del secolo delle speranze, del progresso, dell'ottimismo: si viveva bene e c'era spazio anche per lo sport. E poi la guerra, la prima. Poi la seconda ma prima il campionato mondiale di calcio: la Coppa Rimet. Vittoria, quella della Coppa del Mondo, alla seconda edizione: come al solito, tra le polemiche. Era il 1934, si giocava in Italia, Paese ospitante. Primo campionato mondiale con girone di qualificazione. L'Italia vinse il primo mondiale della sua storia, tra le prime polemiche arbitrali della sua storia. Erano gli anni del fascismo, del Benito Mussolini nelle vesti di un inedito Luciano Moggi. L'Italia vinse ancora, stavolta in Francia, nel 1938, battendo l'Ungheria. Prima Nazione a vincere consecutivamente due Coppe Rimet, la prima a vincerla in Terra straniera. Così la guerra, gli scandali, le stragi, i disastri, l'orrore. Il calcio va avanti, i calciatori "servono più sui prati che all'esercito", diceva qualcuno. E mentre gli Americani si preparavano in gran segreto all'operazione Husky, il Grande Torino vinceva il primo dei suoi cinque scudetti consecutivi. Ma la guerra insiste, e il calcio si deve fermare. L'Italia è sulle ginocchia, a terra, povera tra le macerie. Dopo la guerra, torna il calcio. L'Italia si rialza, il Grande Torino torna a vincere. Era quel Torino di Valentino Mazzola, padre di Sandro. Era quella squadra che, dall'edizione 1945-1946 all'edizione 1948-1949, vinse quattro scudetti. Quella squadra che, nello stesso 1949, morì nella strage di Superga nel viaggio di ritorno dall'amichevole in Portogallo contro il Benfica. L'Italia dello sport è a pezzi, il Torino vinse, doverosamente, quello scudetto a tavolino, la Nazionale di calcio partecipò ugualmente alla Coppa Rimet del 1950 in Brasile.
 L'Italia vince anche in europa: lo juventino Omar Sivori porta, per la prima volta, il Pallone d'oro in Italia nel 1961. Gli anni 60', infatti, segnarono il dominio europeo delle italiane: il Milan di Cesare Maldini e José Altafini fu la prima italiana ad alzare la Coppa Campioni battendo 2-1 al vecchio Wembley i campioni in carica del Benfica il 22 Maggio 1963, piccola rivincita dell'Italia contro il destino. A suggelare il dominio italiano in Europa ci pensò l'Inter che vinse l'edizione successiva contro il Real Madrid per 3-1. Ancora contro il Benfica, ancora dell'Inter l'edizione 1964-1965: era la "Grande Inter" di Angelo Moratti e del "Mago" Helenio Herrera. Milano divenne, così, Capitale del calcio europeo e mondiale. L'Italia era sulla vetta del mondo del calcio. Così, dopo la sconfitta in finale dell'Inter contro gli scozzesi del Celtic nel 1967, la Nazionale italiana di calcio vinse nella ripetizione della finale (all'andata finì 1-1 e non erano stati inventati i calci di rigore) il suo primo Campionato Europeo di calcio, in casa, ai danni della Jugoslavia nel 1968. L'Italia era di un altro pianeta, quasi volesse andare sulla luna con gli americani. Di quella squadra protagonista indiscusso fu Gianni Rivera, primo Pallone d'oro italiano nel 1969 dopo aver portato il Milan alla vittoria della Coppa Campioni battendo l'Ajax per 4-1 nello stesso anno. Il 1970 offre all'Italia una chiara visuale sullo stesso decennio calcistico: la Nazionale perde l'edizione messicana del mondiale per mano del Brasile di Pelé. L'Ajax del fenomeno Johan Cruijff sconfigge nel 72 e nel 73 rispettivamente Inter e Juve grazie al suo "calcio totale". L'Italia del calcio è in ginocchio, non riesce più a vincere.


Ci pensò il "Trap": la Juve di Bettega, Zoff e Tardelli vinse la Coppa UEFA nel 77. Erano gli anni del cambiamento, delle nuove tendenze, delle rivoluzioni calcistiche: si passò da un calcio "fisico" ad un calcio "tattico" dove la figura del "mister" incideva davvero sul gioco, imprimendo alla squadra la propria mentalità. Erano gli anni del pop rock e della disco music, e l'Italia ballava. E si destreggiava pure bene. L'Italia raggiunse per la terza volta la vetta del mondo nel 1982: Spagna, Pablito Rossi, incubo brasiliano. In Brasile ancora lo ricordano bene, ci scherzano su (come dimostra questo spot VISA). Paolo Rossi, che vinse quell'anno il Pallone d'Oro, era solo uno degli interpreti di quella squadra che quell'11 Luglio battè la Germania dell'Ovest per 3-1. 
                                                                                    (Il gol di Tardelli del 2-0)

Il calcio italiano diventa quindi il più importante d'Europa, meta preferita dei più grandi calciatori del mondo. La Juve aveva in squadra uno di essi. Francese, fenomeno puro: Michel Platini, arrivato nell'82' a Torino e vincitore di tre Pallone d'oro consecutivi. Al Napoli, invece, nel 1984 arrivò dal Barcellona un giocatore. Basti pensare un trasferimento del genere al tempo d'oggi per realizzare quanto il calcio italiano fosse importante. Quel ragazzo dai capelli ricci si chiamava Diego, per gli amici El Diego, El Pibe de Oro, La mano de Dios. Per molti il calciatore più forte di tutti i tempi. Poi il 1985, altra tragedia. L'Italia è ancora in ginocchio. Stade du Heysel, finale di Coppa Campioni, Liverpool-Juventus. La partita finì 0-1, la Juve vinse, l'Italia pianse. Gli hooligans inglesi (proprio loro), memori della finale dell'anno prima contro la Roma (e degli scontri della stessa), tentatorono una vera e propria invasione contro la curva dei tifosi italiani. La polizia belga, incapace di gestire la situazione, spinse "caricando" i tifosi verso il settore dei tifosi dei Reds: la struttura non sopportò il peso, morirono 39 persone. La partita, tra le polemiche che si susseguono fino al giorno d'oggi, continuò: fu la prima "macchia" del nostro calcio. Fu l'occasione, per l'Italia del calcio, di "resettare" il sistema. Nel 1986, il "già proprietario di tutto" Silvio Berlusconi diventa presidente del Milan: l'Italia del calcio rinasce, ancora una volta. E' il Milan degli olandesi, dei fenomeni Gullit (Pallone d'Oro nel 1987), Rijkaard e Van Basten (Pallone d'Oro nel 1988, nel 1989 e nel 1992). Il Milan dello stratega Arrigo Sacchi. Quel Milan che "stracciò" in semifinale il Real Madrid (5-0) e vinse la Coppa contro lo Steaua Bucarest (4-0 al Camp Nou in finale) nell'89. Il 1990 vide ancora l'Europa "inchinarsi" ai rossoneri definiti dalla rivista inglese World Soccer la "migliore squadra di club di sempre". Per tre edizioni consecutive (88-89, 89-90, 90-91), la Coppa UEFA venne vinta da una squadra italiana (Napoli, Juve e Inter).  Il "calcio" stesso era ormai "italiano". 
Stesso decennio, stessa storia. Furono ancora tre italiane (Juve, Inter e Parma) a portare "a casa" la Coppa UEFA dal 93 al 95. Il Milan di Capello, invece, dopo aver perso nel 1993 la Champion's League contro il Marsiglia, vinse la stessa coppa nel 1994 battendo il Barcellona in finale. Poi, la caduta. Mondiali di calcio 1994, USA. Ancora Italia contro Brasile. Ancora una volta. La finale che tutti ricordano per il rigore sbagliato dal "Divin codino" Roberto Baggio (Pallone d'oro l'anno prima) dimostrò al mondo che l'Italia del calcio, nonostante tutto, c'era. Ed era fortissima. La Juventus vinse l'edizione del 96 della Champion's League: l'Italia era diventata capitale del calcio mondiale. I campioni sceglievano il calcio italiano, in Europa temevano il nostro calcio. Da Weah a Zidane, passando per "il fenomeno" Ronaldo. Poi, il vuoto: due mondiali non all'altezza, un europeo perso in finale contro i "cugini" francesi. Fino al 2003: in finale a contendersi la Champion's c'erano due italiane. Ancora loro, ancora la Juventus e il Milan. All'Old Trafford vinsero i rossoneri, ai rigori, grazie all'ucraino Andrij Ševčenko. L'Italia era ancora l'epicentro del calcio mondiale...o forse no. Eccola, l'ennesima macchia del nostro calcio: Calciopoli. Indegna pagina di uno "sport" corrotto. L'Italia crolla, i campioni fanno le valigie. La Juventus viene retrocessa in Serie B, lo scudetto viene assegnato all'Inter. L'Italia diventa la barzelletta d'Europa. L'Italia, data per morta, risorge, ancora una volta. Vince il Mondiale in Germania nel 2006, tra le tante voci, tra i vari rappresentanti FIFA diffidenti sulla nostra partecipazione. L'Italia aveva risposto a tutte le critiche, in silenzio, con i fatti. L'Italia era di nuovo sul tetto del mondo. Il Milan vinceva la Champion's nel 2007 in quel di Atene contro il Liverpool,  grazie all'immenso Kakà. Ma nella società nella quale anche i successi sportivi sono dovuti alle spese, i campioni vanno via, acquistati dalle superpotenze del calcio. L'Italia rimane orfana di protagonisti, in Europa si stecca quasi sempre. Poi la sorpresa: un portoghese, José Mourinho porta l'Inter alla vittoria di uno storico Triplete: Scudetto, Coppa Italia e Champion's League nella stagione 2009/2010, nessuno in Italia c'era riuscito. Troppo poco. Troppo "inutile". Squillo troppo debole per risvegliare qualcosa: la crisi economica incide, e anche tanto. Oggi, ai sorteggi per gli ottavi di finale della Champion's League si tifava per una sola squadra italiana. Troppo poco per una Nazione che "vive" di calcio. Quel calcio che, però, senza risorse economiche, non è competitivo. Quel calcio che ci vedeva protagonisti e che adesso ci vede come "partecipanti". Quel calcio fatto ormai di "idoli" e pochi "leader", troppe capigliature, scarpe colorate, giochetti da spiaggia e pochi successi. Quel calcio che una volta era un gioco e che adesso è diventato "investimento sul mercato". Quel calcio dove a giocare non sono più i giocatori ma i soldi, come fossero più bravi a calciare un pallone in rete di una persona che ama questo sport. L'Italia è in caduta libera, in economia così come nel calcio, in attesa dell'ennesima "rimonta all'italiana". 
 

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