domenica 17 novembre 2013

"L'Italia agli italiani!"

Al di là dello slogan di stampo fascista, l'Italia, "ahinoi", non è più degli italiani. 
E si perché mentre il mondo ammira con entusiasmo la storia del nuovo sindaco di New York, l'italo-americano Bill De Blasio (curioso come un uomo di origini italiane si chiami "tassa" no?) noi, poveri italiani, viviamo sempre più in una terra "multinazionale": ci stanno togliendo tutto.
Così, settimane fa, la notizia che "Telecom Italia" per il 66% diventa "Telecom Italia-Spagna" (anzi, Spagna-Italia visto che le quote societarie pendono più sugli spagnoli che su noi). Ma immaginate un centralinista di Telecom Italia parlare in spagnolo mentre offre un nuovo contratto al malcapitato utente che viene quotidianamente svegliato? "Buenas dias!"
Ma buenas dias a chi? A noi italiani? Ma non stavate peggio di noi? E comprate la nostra azienda di telefonia nazionale? 
"Fortunatamente" però (dipende dai casi eh) stavolta i nostri cugini francesi dovranno "accontentarsi" della Gioconda perché il loro piano di acquisizione di Alitalia è fallito miseramente. Almeno per adesso quindi i francesi rimangono "partner" dell'azienda con il 25%.
Ricapitoliamo: siamo senza telefono e siamo senza aerei. Non siamo più i padroni di niente.
E quindi se noi, cittadini, non siamo proprietari nemmeno delle nostre cose, cosa ci rimane?
La passione...
...a meno che comprino anche quella.
E' il caso, quindi, dei tifosi delle squadre di calcio di Roma e Inter che hanno assistito alla svendita delle loro "passioni" al miglior offerente straniero. 
"Cose da turchi!" Ma gli sceicchi (spaventati forse da Zamparini), almeno una volta, non c'entrano.
Era la primavera del 2011 quando l'americano Thomas DiBenedetto (di chiare origini italiane) diventa azionista di maggioranza della società AS Roma dopo una lunga e travagliata trattativa con Unicredit. Ad agosto dello stesso anno, Tommaso diventa quindi presidente della Roma acclamato da tutti i tifosi della "Magica" promettendo la solita "rinascita calcistica" della squadra. Un anno dopo, avendo convinto i suoi tre amici "del baretto" con la sua magistrale esecuzione de "il presidente finto", lascia la carica a James Pallottola (insomma, al primo miliardario azionista che passava).
Oggi la Roma è prima dopo aver esonerato tre allenatori e speso, male, gran parte del suo budget. 
Dov'è finita la passione?
Due giorni fa è toccato all'Internazionale di Milano (per gli amici, "Inter"): l'indonesiano Erick Tohir (no, non è PSY e non canta Gangnam Style) diventa azionista di maggioranza della società (con il 70%). Già proprietario di altre società sportive (DC United, Persig Bandung nel mondo del calcio e Philadelphia 76ers nel mondo della pallacanestro), siamo sicuri riuscirà a distinguere un pallone da basket da quello da calcio? Dice, infatti, a "Che tempo che fa" intervistato da Fabio Fazio di essere tifoso dell'Inter sin da bambino citando anche alcuni giocatori (tra i quali il plurisfortunato Nicola Ventola, che salutiamo affettuosamente). 


Appena arrivato ha già promesso "botti di mercato" e un nuovo stadio. A mio parere, però, questo non ha nulla a che vedere con il calcio. 
Come, d'altronde, tutto questo non ha nulla a che vedere con la "normalità".
Cosa ne rimarrà tra qualche anno di un Paese che, secoli fa, per cultura e risorse era "al top"? 
Ci avete tolto i soldi, il telefono, "l'ala" di un aereo, ci state togliendo le squadre di calcio e la maggior parte delle aziende.
Lasciateci, però, almeno la speranza e la possibilità di cambiare. Sono sicuro che non ve ne pentirete.

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