lunedì 16 marzo 2020

Parresia, Vol. 6: Abbiamo perso la nostra dignità

Abbiamo perso la nostra dignità. I tempi frenetici hanno provato ad avvertire dolcemente le nostre coscienze, fallendo mestamente: non abbiamo ascoltato i loro richiami. Abbiamo perso il nostro mondo, le nostre cose: abbiamo lasciato che il destino le divorasse dall'interno risalendo alla superficie del loro corpo, e che su di esso incidesse i segni della trascuratezza. Voragini piene di sospiri eterni.

Ci siamo fatti ingannare dai cartomanti della fermentazione delle abitudini: i teorici del progresso dell'umano volere. E così ci siamo persi nella commedia dell'esistenza che ci vede apparenti protagonisti di quel racconto impersonale qual è, appunto, la vita. Persi, ancora, nel ruolo di punto più importante di un tratteggio dolce, sputato su un foglio già sporco di linee che non conoscono provenienza e che pretendono consapevolezza del senso ultimo. Sciocchezze. Questo siamo. Ma ciononostante abbiamo perso la nostra dignitià, svilendo la precarietà della realtà, ove ancora possibile. L'abbiamo resa nullità: impresa eroica per piccoli ammassi di carbonio (neanche fin troppo consapevole).

Friedrich ci aveva avvisati. Non meditiamo più. Non c'è più silenzio in noi. Offriamo continua ospitalità ad "una macchina dall'inarrestabile rullio, che neppure nelle condizioni più sfavorevoli cessa di lavorare". Ci siamo noi e la nostra mente mondana: complesso dall'inspiegabile egocentrismo. Non siamo protagonisti: siamo comparse. Al massimo commedianti della seconda linea. Protagonisti sono i nostri movimenti in sincrono, le nostre parole in rima, le nostre esistenze unite. Ma che importa, adesso che abbiamo svuotato di ogni dignità le cose? Ora che non ci prepariamo più a meditare su di esse, ma a fingere? Ora che c'è troppo poco silenzio e troppa velocità di riflessione sulle stesse? Cosa sono queste senza dignità? Nulla: come noi. Come tutto. E come ciò che non è, allo stesso tempo viene ad esistere: ma senza senso alcuno. E', e basta. Ed è qui si compie la tristezza dell'abbandono irreversibile. 

Piangiamone. Abbiamo perso la nostra dignità.



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