sabato 7 marzo 2020

Parresia, Vol. 5: Il panchinaro

Siede comodo, il panchinaro: colui che sente spiritualmente il peso della sfida con un mondo che ha preferito, per lui, il ruolo di assistente. E lui per tutta risposta assiste, in duplice senso: assiste gli altri, nel senso di supportare, e assiste gli altri, nel senso di guardare. E' un assistente della vita: respira le emozioni in modo distaccato, con un privilegio in più rispetto ai comuni. Può sognarle, ma senza toccarle. Privilegio raro: sia mai che ci si sporchi le mani di quel delitto immondo qual è l'errore.

Come può essere definito questo se non, appunto, un privilegio? Il non essere chiamato in causa, seconda scelta da sempre, porta sempre benefici: meno fai, meno sbagli. Quindi siede comodo, il panchinaro: puntualmente pronto ad entrare, ma conscio di non poter mai essere protagonista. "Meglio lasciar fare il grosso agli altri": a lui spettano gli ultimi minuti. Quando va bene. In caso contrario doccia calda rigenerante: non si è corso neanche oggi, ma se questa deve essere, la vita... Sì, insomma. Bisognerà farsene una ragione, una volta in più. L'abitudine di un vissuto da assistente, d'altra parte, gli è utile: e se per caso capita la grande occasione, quella da titolare per indisponibilità delle prime linee, beh, la si sfrutta nel migliore dei modi. Da operaio: stucco e spatola, si porta a casa la giornata. Sia mai che l'allenatore vada in difficoltà... no, meglio tenersi la panchina. Posto sicuro.

Diventa persino il "distrattore" dai cattivi pensieri, sempre pronto a dare il cinque a chi esce dal campo: "bravo, bravo", e via di pacca sulla spalla, offrendo la borraccia. "Grande oh, quel colpo di tacco... e quella giocata...": sa bene che non sarebbe mai riuscito a farla, il panchinaro. Limitato nelle ambizioni e nelle aspettative: agli altri la gloria, a lui la medietà. "In medio stat virtus": chissà che sorpresa scoprire che, in realtà, la virtù gli spetta di diritto molto più di quanto possa mai spettare ai titolari. Figure da mettere in mostra, pedine sporche del fango dell'apparenza "gialla" dei riflettori: è con la luce soffusa che si vedono le anime luminescenti. Tutte brave, al contrario, quelle degli altri a raccogliere la linfa vitale dei fari.

Guarda di nuovo la lista dei convocati: il suo nome è scritto con i soliti caratteri intrisi di inchiostro muto, ma il destino racconta che andrà di nuovo in panchina. E' nel silenzio della scelta di non ribellarsi che viene fuori l'anima luminescente del panchinaro. Sa bene che il non ribellarsi è la prima forma di ribellione in un mondo di urla e casinisti. E nel silenzio segue la sua strada, ascolta la voce più intima che gli confessa il più prezioso tra i segreti: un giorno arriverà il suo momento. Intanto un'altra partita ha inizio. Si siede, guarda il campo: applaude le giocate dei compagni. Assiste. Gli altri, il presente. Se stesso. Povero, bugiardo.




Nessun commento:

Posta un commento