martedì 20 dicembre 2016

Fenomenologia di una giornata invernale

"Come inizia, finisce", tra il silenzio generale. "Tregua", continua, perpetua. Quella che si respira fuori, tra i rami bagnati degli alberi e il terreno umidiccio di un giardino d'erba sparsa. Calpesti i fiori, non si spezzano: tanto prima o poi ricresceranno, sarà di nuovo primavera. Pensi. La nebbia in una terra che non gli appartiene abbraccia il paesaggio. Nulla cambia, resta quel che è: inverno, e tanto freddo. Come sempre.

Oh, fresco profumo di legna bruciata, portami con te! No, proprio non voglio lasciare le dolci coperte del mio letto, né tantomeno voglio finire la mia tazza di té. Mi va bene a piccoli sorsi. Vorrei poter fermare il tempo, ma sotto il cappotto fa troppo caldo se sto dentro. Contraddizione, ma è pur sempre festa: non starò a compatirmi, semmai a comprendermi meglio. A riflettere. Un uccello su un albero mi chiede se ho acceso i riscaldamenti in casa: gli chiedo se vuole entrare, ma lui è tranquillo lì dov'è. Non ha mica i nostri problemi, lui. Leggo un libro, poso il libro: accendo la TV, ma la metto piano. Insomma, dai: non c'è nulla di interessante. La spengo, vado a riposare. Scrivo, esco. Dormo. Neanche il sole riesce a cambiare il destino di una giornata invernale: se troppo forte, addirittura lo rovina. La tregua precipita: è guerra. Con me, con voi, con il futuro. Sarà di nuovo primavera, pensi ancora. Peccato. Peccato? 

Metti su un po' di musica, quella di sempre: triste, ma felice di sentirti. E' un reciproco piacere quello che scorre tra le cuffie e che collega orecchie e dispositivo mobile. Riproduzione casuale. Questa no, quella neanche: che la metto a fare la riproduzione casuale se poi le canzoni le scelgo ugualmente io? Forse per ingannare il tempo, forse per ingannare il caso: tanto, chi vuoi che se ne accorga. Ancora la pubblicità: dannato sistema. I politici sono ancora tutti porci e ladri, il Governo è sempre quello sbagliato e tu sei sempre senza benzina. Sempre con la spia accesa, che lampeggia, ti ricorda che hai vita breve. Una condanna a fermarti, scendere dalla macchina e farti trasportare dall'aria gelida della sera, mista a quell'odore insopportabile, ma tremendamente bello che è tipico delle stazioni di rifornimento. Riparti e i vetri sono appannati. Torni a casa, l'uccello è ancora lì, ma sta per volar via: tu rientri, lui non vuole venire. Doccia e pigiama: è già tutto finito. E' già mattina. Sarà di nuovo primavera, ti ripeti. Ma è un'altra giornata invernale.

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