"Come
inizia, finisce", tra il silenzio generale. "Tregua", continua,
perpetua. Quella che si respira fuori, tra i rami bagnati degli alberi e
il terreno umidiccio di un giardino d'erba sparsa. Calpesti i fiori,
non si spezzano: tanto prima o poi ricresceranno, sarà di nuovo
primavera. Pensi. La nebbia in una terra che non gli appartiene
abbraccia il paesaggio. Nulla cambia, resta quel che è: inverno, e tanto
freddo. Come sempre.
Oh,
fresco profumo di legna bruciata, portami con te! No, proprio non
voglio lasciare le dolci coperte del mio letto, né tantomeno voglio
finire la mia tazza di té. Mi va bene a piccoli sorsi. Vorrei poter
fermare il tempo, ma sotto il cappotto fa troppo caldo se sto dentro.
Contraddizione, ma è pur sempre festa: non starò a compatirmi, semmai a
comprendermi meglio. A riflettere. Un uccello su un albero mi chiede se
ho acceso i riscaldamenti in casa: gli chiedo se vuole entrare, ma lui è
tranquillo lì dov'è. Non ha mica i nostri problemi, lui. Leggo un
libro, poso il libro: accendo la TV, ma la metto piano. Insomma, dai:
non c'è nulla di interessante. La spengo, vado a riposare. Scrivo, esco.
Dormo. Neanche il sole riesce a cambiare il destino di una giornata
invernale: se troppo forte, addirittura lo rovina. La tregua precipita: è
guerra. Con me, con voi, con il futuro. Sarà di nuovo primavera, pensi
ancora. Peccato. Peccato?
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