Noi abbiamo un potere
eccezionale. Chiunque, nessuno escluso, ha la possibilità di scegliere da che
parte stare, la possibilità di dire la propria, far sentire le urla di
disapprovazione, d’incoraggiamento. Tutti possono giocare un ruolo importante
in questo gioco, perché di gioco si tratta.
Non esiste Nord, non
esiste Sud, né Est o Ovest: esiste il pianeta, il mondo nel quale viviamo e
camminiamo. Muoviamo passi quasi fossero martellate, e neanche ce ne
accorgiamo: andiamo su e giù, a volte senza un apparente scopo. Eppure il peso
delle nostre “scarpate” ha la stessa incisività delle azioni che compiamo: e ce
ne pentiamo, anche. Ma perché?
Riprendendo un famoso
passo di Walt Whitman, riproposto in molte salse tra le quali l’interpretazione
cinematografica di Robin Williams ne “L’Attimo Fuggente”: “Che tu sei qui, che
la vita esiste e l’identità. Che il potente spettacolo continui, e che tu puoi
contribuire con un verso.” Un verso, nel potente spettacolo. Uno spettacolo
corale, nel quale ognuno di noi ricopre un ruolo ben definito, singolare e
funzionale all’obiettivo. Se di obiettivo si può parlare.
Tu, io, egli, siamo
tutti protagonisti del “nostro” spettacolo: ognuno con una parte, un copione
dalle battute sconosciute, ricco d’improvvisazione e colpi di scena. E’ un
teatro, con un pubblico invisibile: “vivo”, partecipe. E ogni azione, ogni
mossa fa parte del gioco. Ogni decisione presa esclude l’esito futuro della
scenetta. Entrate e uscite di scena, intrecci tra personaggi vari e variegati,
colorati e non, tutti indispensabili: perché anche lo sguardo insignificante di
un passante ti cambia la giornata, modifica il tuo modo di pensare
indirizzandolo in una o l’altra direzione. E’ un gioco di attimi, di geometrie
impazzite e parole come blocchi di Tetris che, alla fine, compongono un mosaico
quasi fossero tessere: e alla fine del percorso, alla fine di tutto, l’epilogo.
“Nasci da solo, muori
da solo”, quante volte l’abbiamo sentito. Nasci in compagnia, invece, come in
un film: muori da solo, protagonista dell’ultima scena, nella quale hai
esattamente tre secondi per riavvolgere tutto. Sei solo anche quando ti
uccidono, sei solo quando scrivi, mangi, sei solo. Nessuno mangia per te, o con
la tua bocca: mangi tu. E ti ci abitui, e così anche alla fine, quando sei solo
e devi decidere se aspettare o meno. Devi scegliere l’uscita, l’inchino
perfetto per raccogliere l’ultimo applauso. Teatrale.
Nessun commento:
Posta un commento