sabato 21 settembre 2019

Parresia, Vol. 1: La danza delle foglie

"Parresia". Necessità e obbligo morale. Il voler dire e il poter dire tutto: prezioso dono. E' la danza delle foglie che asseconda i consigli del dolce vento, incisività nell'incognito andare. Ci salvano dal caos, d'altro canto, le foglie. Si fanno carico del triste destino che spetta ad ognuno di noi, inconsapevoli grumi di materia, biondi, mori e calvi. Alcuni rossi: ingannatori del flusso temporale, dell'autunno che sempre arriva e sempre va. La vita in sè.

Dicono, parlano: e quanto parlano, le foglie. Danzano al ritmo dei loro discorsi: racconti e pettegolezzi. Alcune da sole, altre in compagnia. Qualcuna tra loro si stanca e vola via. Torna a casa, senza ascensore. La notte e il giorno successivo deciderà per lei: il vento farà il resto. Dormirà sul letto delle altre foglie dimenticate dal tempo, sul divano dei delusi da un amore senza linfa. La rugiada non è bastata: polvere e sassi faranno loro compagnia. Per le altre il destino è stato senza dubbio viandante generoso: viandante perché va e viene. Non chiamatelo infame: cerca semplicemente di fare il suo mestiere, nella stessa maniera, da sempre. La paga? Onesta: come il giullare, ama sorprendere. Un attore alla continua ricerca di un'emozione: la ruba, la custodisce. Poi la dona a caso. E del caso si fa arbitro, giudice e giustiziere. Magistrato equo, ma senza baffi.

Ora: c'è una regola non scritta, tra le foglie di ogni tipo. Detta sottovoce fa meno effetto: perciò la rendono viva. "Parresia". Non c'è foglia al mondo che non la conosca, questa regola: non c'è foglia al mondo che non si senta libera di dire tutto, e di questo tutto fare parte. Parteciparvi: legare a doppio nodo la speranza di compiutezza. Non esistono limiti di contesto: è la promessa che fanno al proprio ramo, al proprio tronco, da quando la primavera regala loro la possibilità di danzare, e abiti da gala per la prossima estate. Quindi parlano: raccontano dei mesi caldi, passati a guardare il mare da lontano, degli inverni che gli sono stati descritti dal rami spogli e soli. Ah, quanto lo vorrebbero conoscere, quell'inverno freddo che tutti temono. Dolce e terribile sensazione. Raccontano delle mattine da dimenticare, svegliate dai caccia-bombardieri che tra loro costruiscono hangar e nuovi pericoli. Gli uccelli gli avranno anche occupato lo spazio aereo, ma per molte tra loro non sono altro che ospiti. Discutono delle altre foglie: dei rapporti spezzati dalla nascita di un fiore. Dei sogni di chi vorrebbe cambiare alberto, senza però sentir la mancanza delle compagne, vicine. Però lo dicono. Lo dicono liberamente: perché dicono tutto, le foglie. Fanno della "Parresia" la regola più grande da quando l'uomo ha inventato l'interpretazione del tempo. Flusso infinito dell'esser-ci. Noi: io, tu. Loro: le foglie, insieme. Ballano, si sovrappongono: mutano, accadono in quell'interminabile volgersi degli eventi che fa di tutti l'unità di identità e differenza. Sempre gli stessi, sempre diversi: presenti con un passato aperto al futuro, in un continuo danzare con le foglie. Senza un'apparente e valida ragione.

Ingenui.


venerdì 4 gennaio 2019

Anima: Marco Biagianti

Siamo tutti figli delle punizioni all'incrocio, dei gol in rovesciata. Delle conclusioni al volo, dei giocolieri del pallone: siamo "figli delle stelle", dei conigli dal cilindro. Ma il calcio senza un cuore non esiste: sopravvive, semmai, nutrendosi delle giocate dei singoli, ma vivere è un'altra cosa. Si alimenta di qualcosa di più profondo, radicato nelle viscere del gioco: l'anima di una squadra, legata all'appartenenza ad un simbolo. Uno stemma, colori indelebili: la "bandiera", vessilo d'avvertimento per gli eserciti avversari, segno di riconoscimento per guerrieri, alleati e compagni di squadra. Certezza: come Marco Biagianti, per il Catania.

Perché nel calcio delle apparenze occorre, più che mai, distinguere i "salvatori della patria" occasionali da quelli che "si sbattono" per un ideale: Marco è il coniglio dal cilindro "invisibile". E' la punizione all'incrocio che ti sblocca la partita, "progettata". E' la conclusione al volo da applausi, "costruita": è un giocoliere delle emozioni, quanto e molto più di altri. Vale il prezzo del biglietto. Ma perché ricordarlo? Direte voi. Perché puntualizzarlo, adesso che le cose in casa Catania vanno bene? Sulla bilancia degli eroi calcistici, quelli momentanei e quelli eterni, deve esserci spazio anche per lui: domenica dopo domenica, senza eccezioni. Perché il verbo de "il solito Marco Biagianti", ripetuto come un mantra, non può più passare inosservato nell'analisi di una partita: deve, semmai, diventare premessa ad ogni discorso, senza scadere nell'eccessivo indivisualismo degli "idoli".

Lasciamoli ai Don Giovanni del calcio, gli "eroi momentanei": vittime e protagonisti dei dibattiti sull'incisività e l'impegno. Marco è diverso. E' l'eterna definizione di "calciatore" e "giocatore": di chi sa coniugare i calci ad un pallone al gioco, mentale e spiriturale. Umano. Supera le garanzie d'immunità consegnate da un calcio piazzato in mezzo a tante prestazioni opache, gli applausi "strappati" dalle dichiarazioni alla stampa. E' l'anima del Catania, immensa. Lo sarà anche nel nuovo anno, appena iniziato: e vale la pena ricordarlo, una volta in più di quanto fatto fin qui. Tutti.