Dalla palla ovale a quella rotonda, senza più tornare indietro: il movimento calcistico americano è in costante crescita, è evidente a tutti ormai. La Major League Soccer, però, non è solo veder giocare contro Giovinco e Mancosu (roba nostra, quella), ma anche e soprattutto culla di talenti che, da circa un decennio, cercano fortuna in Europa: da Dempsey a Pulisic, passando per Adu. Il sogno “europeo” degli americani è solo all’inizio.
Racconto di
un texano sempre imbronciato e dal carattere “strong”: da rodeo e motori. In
tanti avranno in mente il pallonetto che infiammò Craven Cottage nel 4-1 del
Fulham sulla Juventus in Europa League: era il 2010, ma la storia di Clint
Dempsey incarna quasi alla perfezione la definizione di sogno. Tra gioie e
dolori. D’altra parte, il nome dice tutto: “Clint”, come Eastwood.
Non “per un pugno di dollari”, ma per una promessa che va ben oltre il calcio, quella
rivolta alla famiglia e alla sorella morta per un aneurisma quando aveva dodici
anni: “Perdere mia sorella mi ha dato una grande spinta. Mi ha fatto
capire che la vita è breve e bisogna fare il massimo. I miei genitori guidavano
fino a Dallas per tre ore all’andata e tre ore al ritorno per farmi allenare e
giocare. Tutto questo, a quell’età, mi ha formato alla grande”, ha
dichiarato. Dalla squadra della Furman University, i “Paladins”,
al New England Revolution il passo è stato breve: presto entra
nel programma giovanile della nazionale USA e nel 2004 la MLS diventa il suo
palcoscenico principale. Lui risponde alla chiamata con quella che è stata
definita “una delle peggiori capigliature” viste in un ritiro precampionato, ma
in campo va nettamente meglio: ventiquattro presenze e sette gol nella regular
season, senza dimenticare le tre apparizioni nei playoff (con una semifinale
persa dopo aver sbagliato il rigore decisivo). Dopo due stagioni al New England
con più di cinquanta presenze complessive, il destino gli lancia un segnale,
quasi una maledizione da “eterno secondo”: prima perde in finale contro i L.A.
Galaxy, poi contro Houston. Le partite secche non fanno per lui, ma è un
antipasto.
Niente
paura, la storia ha una voce con il suo nome: ai Mondiali del 2006 segna
l’unico gol degli USA, e diventa un idolo, tanto che molti in Europa iniziano a
mettere gli occhi sul terribile ragazzino texano. Lui è già pronto, ha già la
valigia sull’aereo: d’altro canto, dopo essere rientrato nella miglior formazione
del campionato per due stagioni di fila, chi volete che non lo sia? Prima si fa
avanti il Charlton, ottima piazza, con la Premiership che può
aiutarlo a crescere: New England chiude la porta, lui si arrabbia. Si apre un
portone. Arriva l’offerta del Fulham: la storia del calcio inglese
e uno statunitense con le tasche piene di sogni. E poco più di quattro milioni:
cifra record per un calciatore americano. La seconda parte di Premier dei
cottagers non è delle più esaltanti, ma lui, texano dal sangue duro, ci mette appena
nove gare e 223 minuti prima di battere il Liverpool e salvare
la squadra dalla retrocessione: 1-0 e Clint diventa un eroe. Craven Cottage la
sua seconda casa, ma è solo l’inizio di una storia d’amore: 228 presenze, 60
gol e 21 assist totali. In mezzo un infortunio e un’altra finale persa, la
realizzazione della maledizione, quella contro l’Atletico Madrid in Europa
League. Clint è stanco, forse è meglio cambiare aria: nel 2012 va al Tottenham,
maglia numero 2 sulle spalle: e sì, allora è proprio una maledizione.
Al
termine della sua avventura a White Hart Lane chiude la valigia, ma i sogni?
Alcuni realizzati, altri no: Dempsey torna in MLS, stavolta a Seattle,
e diventa testimonial del calcio statunitense nel mondo. Il Texas è lontano,
Fulham anche: ma sapete com’è, certi amori…Nella primavera del 2014 i cottagers
rischiano seriamente la retrocessione, cosa che avverrà qualche mese dopo:
l’eroe vuole tornare. L’eroe vuole dare una mano. Cinque presenze e pochi
minuti giocati in tre mesi. Missione fallita. Nei Sounders trova Oba
Oba Martins e i due formano una coppia che nello stesso anno sfiora la
finale del campionato. In mezzo altri due Mondiali, nel 2010 e nel 2014 e due
mete da raggiungere: superare i gol internazionali di un certo Landon
Donovan ed eguagliare il record di quattro campionati mondiali
disputati proprio di DeMarcus Beasley.
Ma
il destino è crudele per chi vuole sognare: il caso vuole che nel 2016 in Major
League il Seattle metta in fila una striscia di risultati positivi che gli
permetteranno, poi, di vincere per la prima volta nella storia il titolo, e
indovinate? Lui non c’è, fermo ai box per problemi cardiaci: il futuro
calcistico a rischio, il sogno sfuma, ma Clint è sicuro. “Voglio
chiudere la mia carriera spingendo fino alla fine”, e per un texano della
sua tempra non sarebbe mica cosa strana.